Amanda e Raffaele assolti. Da condannare sono i pm

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Amanda e Raffaele assolti. Da condannare sono i pm

04 Ottobre 2011

Assolti. Amanda che piange. Amanda libera. Raffaele che stringe i pugni. È come la pallina che rimbalza al rallentatore sulla rete di un campo da tennis. Il destino può cadere di qua o di là e ti cambia la vita. Amanda e Raffaele hanno sul volto tutti i segni di quattro anni vissuti a scontare un purgatorio, c’è la pena ma ancora la speranza che quelle quattro mura siano a tempo, precarie. È la speciale maledizione della carcerazione preventiva, quando sei colpevole a metà e innocente fino all’ultima sentenza. Non sei un condannato, ma intanto stai lì e aspetti i giorni che ti separano dal verdetto. Qualcuno dirà che questi sono i tempi della giustizia, ma sulla bilancia ci sono quattro anni perduti. È questa la cicatrice. Puoi ricominciare, ma nulla sarà come prima. I codici ti hanno detto che quei quattro anni li hai regalati allo Stato. Perché? Perché è scritto così. Perché c’è un pericolo di fuga. Sei innocente? Amen. I pm hanno puntato l’indice su di te, ma non sono stati capaci di trovare le prove. Pazienza.

L’unica cosa certa alla fine di questa storia senza pietà è che Meredith è morta a 22 anni e non ha trovato giustizia e Amanda e Raffaele sono stati per quattro anni in un carcere senza una condanna definitiva. È la legge, ma forse nella giustizia italiana c’è un buco nero dove regna l’incertezza. Qualcosa al di là di Berlusconi e della sua storia va fatto. E in fretta. Non è più una questione politica. È umanità. Non ad personam, ma erga omnes. Quattro anni in galera senza una prova, senza poter dire colpevoli al di là di ogni ragionevole dubbio, sono tanti. Il paradosso è che questa volta i tempi sono stati perfino brevi.

Era la notte dopo Halloween, quella tra il primo e il due novembre 2007. Tutto avviene tra le dieci della sera e la mezzanotte. Perugia sembra la città dei balocchi e ognuno in questa storia è un po’ Lucignolo e Pinocchio. Solo che non è una favola. È una tragedia. Perugia è la città internazionale, qui arrivano studenti da ogni confine. C’è l’università degli stranieri, c’è l’Erasmus. Ci sono notti che finiscono all’alba. C’è tutta l’incoscienza di chi vive senza pensare al futuro e non pensi che qualcuno domani possa chiederti il conto. Non lo pensava Meredith, che di questa storia è la vittima senza riscatto. Non lo pensava Raffaele Sollecito, il ragazzo del Sud che un giorno avrebbe fatto l’avvocato. Non lo pensava Amanda Knox. Knox the fox. Amanda la volpe. Amanda la ragazzina americana che ha negli occhi qualcosa che strega. Amanda con il personaggio disegnato sulla pelle, protagonista ideale per una trama da feuilleton francese, colorato di sesso e di noir. Amanda con le physique du rôle di un angelo con la faccia sporca. Forse è questo che hanno pensato gli inquirenti e gli investigatori. Forse hanno pensato che la storia c’era tutta, roba da scrittori, roba da sceneggiato in tv. E magari se il plot funziona non hai neppure bisogno di cercare le prove, quelle vere, i «coltelli fumanti» o, peggio, non hai visto se in giro c’era un’altra trama o un’altra verità. Quella di Rudy, condannato in concorso con nessuno, non basta.

Questo resterà come un nuovo giallo senza soluzione. Di quali delitti, di quale cronaca nera narrata sui giornali, conosciamo un finale? Neppure di quelli dove c’è un verdetto e un giudice più o meno sicuro. Si raccontano le storie, ma restano lì come frammenti senza senso. Conosciamo le bugie di Amanda, come quando cercò di tirare in ballo Patrick Lumumba, il proprietario del bar dove lavorava. Conosciamo il suo diario, i suoi sogni, le sue notti d’amore. Pettegolezzi e sms. Questo ci offre la legge. Quello che non sappiamo è per quale giustizia è rimasta quattro anni in carcere. Quello che forse non sapremo mai è il nome degli assassini.

(Tratto da Il Giornale)