Amanda in aula si proclama innocente, in attesa della pubblica accusa

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Amanda in aula si proclama innocente, in attesa della pubblica accusa

12 Giugno 2009

Capelli raccolti in una coda, veste bianca, il viso serio dell’innocente ingiustamente imprigionata all’estero di cui ha parlato il New York Times. E’ la strategia mediatica di Amanda, meglio, del partito di Amanda, per la data più importante del processo di Perugia: la deposizione di Foxy Knoxy. 

Del resto anche l’immagine vuole la sua parte, in questa procedura di beatificazione della studentessa di Seattle. Per cui via le magliette con le scritte, via l’aria sbarazzina della ragazza facile di quei vecchi video recuperati su youtube in cui lei, Amanda, ride ubriaca davanti all’obiettivo di un telefonino. Oggi no, oggi Amanda in udienza si mostra diversa. E c’è una strategia precisa forse anche nel suo modo di rispondere alle domande che le vengono poste. Quando la interroga la parte civile, l’avvocato Pacelli, il difensore di Patrick Lumumba che la incalza per le calunnie che hanno portato il proprietario del pub Le Chic in carcere con l’accusa inventata di stupro e omicidio, Amanda risponde in inglese e la sua replica giunge attraverso le parole di un’interprete, mettendo un filtro linguistico insuperabile davanti alle questioni più imbarazzanti. Per giocare in casa invece, per rispondere alle domande dei suoi avvocati sulla sua “famiglia grandissima”, sul suo rapporto d’amicizia con Meredith, sul suo amore per Raffaele, sulla sua passione per la scrittura, l’imputata parla in un italiano fluente, solo a tratti spezzato da qualche parola sconosciuta.

“Quante lingue parla?”, le chiede il difensore, Carlo Dalla Vedova, e lei spiega di conoscere bene l’inglese, l’italiano e il tedesco, “ma ho studiato anche il giapponese e il latino”. Insiste, Amanda, sui presunti maltrattamenti subiti in Questura: “Avevo tante persone intorno, dietro, ai lati, qualcuno urlava di fronte, un altro diceva che non mi ricordavo, una poliziotta da dietro mi ha colpito così”, spiega, mimando il gesto di un colpo in testa “una volta e poi anche un’altra volta”.

E Foxy Knoxy, quel soprannome così efficace per dipingerla come la cattiva ragazza del delitto Meredith? “La traduzione è sbagliata, è un nomignolo che avevo da quando ero piccola e giocavo a calcio, significa Volpina Knoxy, fa rima, niente di più, ma serviva alla procura per dire che ero una pazza, che ero cattiva”.

Replica punto su punto alle mille accuse che abbiamo sentito in tutti questi mesi, Amanda, e del resto questa è la sua grande occasione per ribaltare, almeno sui media, l’immagine che è stata offerta di lei.

Non è un caso allora che anche la difesa acconsenta alla ripresa audiovideo dell’esame testimoniale: quelle immagini serviranno non tanto e non solo alle tv e ai giornalisti italiani, già dipinti sul Nyt come la stampa rapace che insieme al pm di Perugia Giuliano Mignini avrebbe provocato il corto circuito giudiziario dell’innocente imprigionata all’estero, ma serve soprattutto alle tv americane. Già, serve mostrare un’altra Amanda, quella che racconta del suo grande amore per Raffaele – iniziato una manciata di giorni prima – e per il quale “da subito ho provato un’attrazione fortissima, mi piaceva molto”. Al punto di pensare di farlo conoscere alla madre, in arrivo in Italia in quelle settimane: le presentazioni sarebbero dovute avvenire nel giorno della laurea di Raffaele, un appuntamento poi rinviato per l’omicidio di Meredith e l’arresto.

Sei ore di deposizione, prima davanti al difensore di Lumumba, poi ai due avvocati del suo collegio, Ghirga e Dalla Vedova, sei ore che filano lisce senza asperità. Fino al momento dell’interruzione, dopo la richiesta del presidente della Corte d’Assise Mazzei, sollecitato dalla difesa: “ Se si sente stanca e pensa di non poter proseguire con la stessa lucidità dell’inizio, ce lo dica in qualsiasi momento”. “Se non è troppo fastidio, preferirei interrompere”, ribatte subito lei, e l’esame dei pm Mignini e Comodi viene rinviato all’indomani. Un giorno di respiro prima dell’assedio della pubblica accusa.