Amministrative, il Pdl traccia la “road map”. Sfida al Nord con la Lega
01 Aprile 2009
Tre dossier sul tavolo del Pdl. Da chiudere in ventiquattrore perchè la road map verso il doppio test elettorale di giugno impone tempi stretti, anzi strettissimi. A quattro giorni dal congresso ci sono da aggiungere le crocette mancanti sulle ultime caselle dei coordinatori regionali e azionare così lo starter della campagna elettorale; c’è da completare il quadro delle candidature per le amministrative e al tempo stesso ragionare su quelle per Strasburgo. Resta poi da definire l’organigramma del nuovo partito, fatto di nomine certo, ma soprattutto di equilibri interni soprattutto ora che il matrimonio tra Fi e An è stato celebrato.
Amministrative. Il caso nord, “piatto forte” nel menù della cena di Arcore tra il Senatur e il Cav, desta non poche perplessità tra i maggiorenti del Pdl. Bossi ha strappato a Berlusconi Brescia, Bergamo e Cuneo anche se ha dovuto cedere su altre piazze, vedi la Provincia di Torino con la candidatura di Claudia Porchietto (presidente delle piccole imprese) e di Milano con Guido Podestà. Rivendicazioni, legittime, che il “fedele alleato” puntualmente avanza e tuttavia se declinate dal circuito locale nella dimensione nazionale assumono significati sui quali il partito di Berlusconi e Fini non nasconde una certa insofferenza: così per la questione dei cosiddetti “medici-spia” nel ddl sicurezza al capitolo sull’immigrazione clandestina o per le residenze popolari agli stranieri regolari, così per l’accelerazione sul federalismo e per il veto al referendum sulla legge elettorale. “Fughe in avanti” alle quali però corrispondono risultati che il Carroccio porta a casa e investirà nella sfida per i Comuni e le Province al voto. Strategie e movimentismi che il Pdl non può non considerare, tantomeno sottovalutare, nell’ottica di quella “sana competizione” rilanciata da Berlusconi al congresso a proposito del rapporto col partito del Senatur.
La “chiave” per il parlamentare Mario Valducci, tra i fondatori di Fi e fino a qualche giorno fa responsabile del dipartimento enti locali, sta “nella capacità del Pdl di fare politiche territoriali più movimentiste, mettendo al centro il tema della meritocrazia e soprattutto guardando oltre i confini tradizionali del partito” e nella forza del “nostro leader in grado ogni volta di trovare punti di mediazioni sempre più alti nel rapporto con l’alleato, anche in virtù del rapporto personale e di amicizia con Bossi attraverso il quale fare sintesi e talvolta superare resistente e contrasti”. Riconosce all’alleato l’appeal elettorale al nord, il “radicamento territoriale e i risultati positivi nell’amministrazioni locali” e tuttavia riconduce il ragionamento allo schema delle alleanze col quale la coalizione ha conquistato il governo del paese nel 2008 e che tale deve restare anche per l’attuale tornata elettorale. Non a caso Valducci osserva: “Alle politiche ci siamo presentati con un unico movimento, il Pdl, all’interno di una coalizione che aveva due alleati: la Lega al nord e l’Mpa al sud. Questo concetto dovrebbe valere anche per l’attuale competizione elettorale, senza tentativi di sconfinamenti rispetto alla naturale specificità territoriale che entrambi incarnano”. Segue la stoccata: “Quando sento parlare di candidati della Lega nel Lazio o del Mpa in Lombardia, dico che non ci siamo…”.
Lega e nord a parte, il resto delle candidature è a buon punto. C’è chi nei ranghi del Pdl parla di quadro definito “al 90 per cento”. Tra le piazze ancora aperte c’è la Provincia di Rimini dove gli ex azzurri puntano su Lombardi, ritenuto un candidato più forte rispetto a quello proposto da An e il Comune di Guidonia, nel Lazio. Municipio quest’ultimo di un certo peso, essendo il terzo centro più importante della regione. Qui gli ex Fi vorrebbero mettere in pista Rubeis, architetto, sul nome del quale converge anche parte di An eccetto la componente che fa capo ad Alemanno che vedrebbe bene in corsa un proprio uomo. “Ma questi hanno già il coordinamento regionale del Pdl nel Lazio, quello provinciale di Roma e il sindaco della Capitale… francamente rivendicare pure il candidato sindaco a Guidonia ci pare eccessivo…” sibilavano ieri sera nei corridoi di via dell’Umiltà, tra una riunione e l’altra.
Europee. Il panorama “è ancora nebuloso” dicono dal quartier generale del Pdl lasciando intendere che la maratona per le candidature è ai nastri di partenza e il toto-nomi che in queste ore impazza è pressoché pari a un “gossip” (come ad esempio sui nomi di Emilio Fede e di Barbara Matera). Qui, si fa notare, la forma è sostanza. Che tradotto vuol dire: il sistema di voto è quello proporzionale con preferenze e pensare ad uno schema con liste “bloccate”sarebbe non solo complesso ma pure rischioso, osservano alcuni autorevoli esponenti del partito. Perché, fatta salva la “bandiera”, ovvero la candidatura come capolista di Silvio Berlusconi in tutte le circoscrizioni, la discesa in campo di alcuni ministri suscita perplessità. Il loro ruolo di traino del consenso è fuori discussione però proprio per l’incarico istituzionale che ricoprono, in caso di elezione, dovrebbero lasciare il seggio alle cosiddette “riserve”. C’è poi la questione dei giovani che il Cav vorrebbe in partenza per Strasburgo, ma anche qui nei ranghi pidiellini si osserva che per “essere eletti servono centomila preferenze, eppoi ci sono gli uscenti da confermare come ha detto il presidente”. Un esempio. Nella circoscrizione Centro Italia (comprende cinque regioni) ci sono tre europarlamentari uscenti da ricandidare – gli ex Fi Alfredo Antoniozzi, Paolo Bartolozzi e Stefano Zappalà – e tra le new entry il coordinatore regionale degli azzurri Stefano Zappalà, “ma così abbiamo già completato la lista…” dicono gli addetti ai lavori. C’è poi un’altra questione, non secondaria nello scacchiere dei potenziali europarlamentari che rimanda direttamente agli equilibri interni ai due partiti: la struttura organizzativa e il radicamento sul territorio degli aennini potrebbero rappresentare una sorta di freno all’avanzata dei candidati forzisti e questo viene considerato un rischio da evitare nelle trattative per la composizione delle liste. In questo senso, sempre per restare alla circoscrizione Centro Italia, il fatto che Alemanno “porti due candidati al tavolo è significativo e noi allora dobbiamo attrezzarci…” ribadiscono da Fi.
L’organigramma del Pdl. Il puzzle dei coordinatori regionali è pressoché definito. In Lombardia il punto di intesa sarebbe stato raggiunto sul nome del forzista Guido Podestà mentre in Sicilia si fa strada l’ipotesi di una “diarchia” Miccichè-Alfano per superare l’attuale empasse. Le nomine dei dirigenti alla guida dei dipartimenti. Ancora da definire la questione dei due settori di maggior “peso”, Organizzazione ed Enti Locali che vedono in pole position rispettivamente Lupi e Valducci ma sui quali punta anche An con Martinelli e Collino. Per Antonio Palmieri si profila il dipartimento che si occuperà di internet e nuove tecnologie, mentre alle Adesioni dovrebbe andare Gregorio Fontana. Garantita la rappresentanza femminile con l’assegnazione di tre dipartimenti. I nomi in lizza sono quelli della Brambilla (Circoli e dei Movimenti), di Laura Ravetto (Formazione) e della Saltamartini. Nulla di fatto per il momento sul portavoce del Pdl. Daniele Capezzone è il candidato forte sostenuto dal partito ma resta la possibilità che sia una donna a ricoprire il ruolo, ipotesi gradita al Cav. In questo caso tra i nomi più accreditati torna quello di Laura Ravetto anche se c’è chi maliziosamente nota che "ben tre dipartimenti alle donne sono già abbastanza".
Tre dossier sul tavolo del Pdl. Con rebus da sciogliere, lunghe mediazioni e una clessidra che segna il tempo che resta.