Anche al cinema la colpa è tutta dell’Occidente

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Anche al cinema la colpa è tutta dell’Occidente

08 Maggio 2007

(L’articolo contiene elementi significativi della trama)

Con “Io, l’altro” è finalmente arrivato il film che svela tutto il senso di colpa di cui soffre l’Occidente. E che Raoul Bova ha deciso di interpretare come attore protagonista e di produrre come manager cinematografico. Ovviamente usando il regista ritenuto più adatto: Mohsen Mellitti, tunisino, che nelle note di produzione della Fox (cosa di meglio di una multinazionale targata USA per parlare male di Bush e degli americani?) viene descritto come esiliato il Italia dal 1990. Sia come sia nel suo cursus honorum figurano pellicole dal titolo misticheggiante e ambiguo come “Il montone di Abramo” del 2003 e la partecipazione ad alcuni documentari di Rai due, oltre ad avere fatto parte della giuria del festival di Locarno.
Lui, Mohsen, presenta così il suo film: “questo film è la storia di due amici, di due figli del popolo, due figli di Dio, che hanno unito le loro forze per la realizzazione di un sogno di libertà: una barca tutta loro con cui guadagnarsi la vita”. E in effetti la trama del film è questa. Mentre il messaggio anti occidentale che ne promana è invece  illustrato nella maniera seguente: a un certo punto Bova, alias Giuseppe, l’italiano di Mazara del Vallo, sente alla radio che uno dei terroristi ricercati per  l’attentato di Madrid è tunisino e si chiama come il suo compagno di pesca di tanti anni. Così, senza esitare, e nonostante i due si conoscano da tanti anni,  Giuseppe decide di consegnare il suo amico alla polizia. “Giuseppe e Yousef non sono che un doppio che compone un’unità simbolica dell’umanità”, spiega Mellitti. Fatto sta che Giuseppe crede di avere un terrorista e non un amico nel suo peschereccio e via radio chiama la guardia costiera e la finanza. Poi chiude Yousef dentro la stiva.

Nota bene, per una più accurata guida al senso di colpa: i due protagonisti hanno lo stesso nome, Yousef in arabo e Giuseppe in italiano. Non si riconoscono solo perchè vittime inconsapevoli dello scontro tra civiltà.

Questo espediente narrativo anche un po’ banale Mellitti lo descrive così: “…finche sui due, lontani dalla terra, nel mezzo del mare, si abbatte su di loro la condanna del sospetto che viene dalla terra devastata dalla guerra”.

In pratica è il solito scontro di civiltà sotto forma di parodia drammatica o drammatizzata. La trama, in realtà, è senza capo né coda perché il passo successivo del film è che il tunisino si libera e fa a sua volta prigioniero quello che fino al momento prima era il suo miglior amico. Seguono prediche del tunisino all’italiano tenuto sotto la minaccia di una di quelle pistole scacciacani che si porta nei pescherecci. E