Anche Cipro ha bisogno di un piano di salvataggio ma non lo chiede all’Ue

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Anche Cipro ha bisogno di un piano di salvataggio ma non lo chiede all’Ue

15 Giugno 2012

Di sicuro non è “too big to fail”, troppo grande per fallire e a questo punto la splendida isola di Cripro che Antonio regalò a Cleopatra, rischia di annegare tra i flutti della crisi economica. Come ha ammesso il ministro delle Finanze cipriota, Vassos Shiarly al Wall Street Journal, il Paese ha bisogno in modo “eccezionalmente urgente” di un piano di salvataggio internazionale. L’economia della piccola isola (solo 800 mila abitanti) dipende oltre che dal turismo, dalle attività finanziarie di società offshore. L’sola del Mediterraneo è stata travolto dal disastro della Grecia, con cui Cipro ha legami secolari. 

Il problema è la forte esposizione che le tre principali banche, Banca di Cipro, Banca Popolare di Cipro e Banca Ellenica, hanno nei confronti della Grecia. Un legame fortissimo che rischia di trasformarsi in una catastrofe. Le banche cipriote sono a un passo dal baratro pur non avendo in passato fatto operazioni “spericolate”. A condannarle è la sciagurata alleanza con la Grecia. Dopo la ristrutturazione del debito di Atene, le banche e i creditori privati hanno perso circa l’80 per cento del valore dei loro crediti e questo ha creato grandi problemi, soprattutto per Cipro.

Qualora la Grecia dovesse uscire dall’euro l’intero sistema bancario cipriota potrebbe collassare. A destare maggiori preoccupazioni  è la Banca Popolare, che entro fine giugno deve reperire gli 1,8 miliardi necessari alla ricapitalizzazione. Con tre gruppi finanziari sull’orlo del fallimento, titoli di stato declassati a livello “junk” (spazzatura) e un tasso di disoccupazione pericolosamente vicini al 10 per cento, il governo guidato Dimitris Christofias è pronto a varare un duro piano di austerity. Non prima, però, di aver cacciato il presidente della Banca centrale Athanasios Orphanides con l’accusa di non avere vigilato adeguatamente sugli investimenti degli istituti nazionali nelle finanze della Grecia.

Adesso la richiesta di aiuti al Fondo salva stati sembra scontata ma fino a pochissime settimane fa, a Nicosia erano convinti di poter fare a meno dell’ Europa. Christofias, già messo in difficoltà dalle dimissioni di vari ministri, non voleva finire stritolato dalle dure condizioni già imposte a Irlanda, Portogallo e Grecia dalla “troika” del rigore formata da Fmi, Commissione Ue e Bce. Per restare nell’eurozona (ci è entrata nel 2008) Cipro ha guardato lontano. Il governo di Nicosia ha già negoziato con la Russia un prestito bilaterale di 2,5 miliardi di euro.

Mosca, che ha sempre considerato l’isola come un’ideale testa di ponte per i propri interessi nel Mediterraneo, aveva promesso di ricoprire Cipro di rubli ma con la crisi, gli investitori russi hanno ritirato i propri capitali costringendo il governo a chiedere aiuto anche alla Cina. Ora è tempo di rivolgersi all’Europa per ricapitalizzare un sistema bancario sempre più boccheggiante ma l’iniziale rifiuto di Nicosia a rivolgersi alla Ue è l’ennesimo segnale di un’Europa percepita sempre più distante perchè ostinatamente orientata a seguire il dogma rigorista imposto dalla Germania.

Il fatto che Cipro abbia temporeggiato prima di rivolgersi alla Ue nonostante la minaccia del tracollo finanziario è una duro segnale di sfiducia nell’Unione europea che arriva proprio mentre Cipro si accinge ad assumere la presidenza di turno della Ue (il 1 luglio prenderà il posto della Danimarca). I ciprioti si apprestano ad affrontare misure lacrime e sangue eppure potrebbero trovare i soldi necessari guardando poco lontano dalle coste dell’isola, verso il mare dove sono stati scoperti importanti giacimenti di gas. Ma il pieno sfruttamento delle nuove risorse potrà cominciare soltanto bel prossimo tempo. Un tempo che Cipro certamente non ha.

Giovedì il Fmi ha smentito che a Washington sia arrivata una richiesta di assistenza finanziaria. Ma il governo inizia già a fare i conti. “Se facessimo ricorso ad aiuti Ue potremmo chiedere fino a quattro miliardi”, ha detto il viceministro per l’Europa Andreas Mavroyiannis. Ormai il bailout è dietro l’angolo. Cipro sarà il quinto Paese dell’eurozona a dover chiedere il sostegno della comunità internazionale. Un’altra ferita inferta al corpo malconcio dell’Europa.