Anche gli arabi abbandonano Damasco: Assad è sempre più solo

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Anche gli arabi abbandonano Damasco: Assad è sempre più solo

16 Marzo 2012

La Siria di Assad è sempre più isolata. All’elenco delle ambasciate che ritirano il proprio personale da Damasco si è aggiunto il blocco delle monarchie arabe. I governi di Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Bahrain, Oman, Qatar e Kuwait rifiutano di accettare un regime che continua a “massacrare il suo popolo” senza prendere in seria considerazione le trattative mirate al raggiungimento del cessate il fuoco, e chiedono alla comunità internazionale di intervenire quanto prima per fermare le violenze.

A un anno dallo scoppio della rivolta, l’unico paese dichiaratamente “amico” del governo siriano è l’Iran, come confermano le mail del presidente Bashar al-Assad, intercettate dagli attivisti grazie ad una talpa “vicina al potere”. Si può quasi considerare una difesa d’ufficio venata da risentimento, l’intervista rilasciata da Fawaz Akhras, padre della first lady di Siria Asma e membro importante della comunità siriana in Inghilterra. Intervistato a Londra dal Telegraph , ha osato paragonare gli scontri in Siria alle violente manifestazioni avvenute di recente nella capitale britannica. “Quando sono esplose proteste a Londra e Cameron ha detto che avrebbe schierato l’esercito, non è questa una situazione paragonabile a Homs?” – ha affermato Akhras. Parlando delle vittime della rivoluzione ha anche dichiarato che “non siamo sofisticati come la Metropolitan Police o Scotland Yard”. Akhras rifiuta ogni paragone con la Libia: “Molti meno morti”.

Continuano intanto le manovre diplomatiche. Atteso per oggi il rapporto dell’inviato delle Nazioni Unite e della Lega araba Kofi Annan, che farà il punto della situazione al Consiglio di sicurezza dell’Onu sull’andamento delle trattative con Assad, con il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov schierato in prima linea “per far sì che i dirigenti siriani cooperino pienamente”. Spetterà poi alle Nazioni Unite la decisione di avallare o meno il ricorso all’intervento militare in Siria, finora osteggiato da Cina e Russia, che ritengono troppo elevato il rischio di trovarsi di fronte ad un’altra Libia. Nel frattempo Valerie Amos, Capo per gli aiuti umanitari dell’Onu, invita il regime siriano a permettere l’accesso alle organizzazioni umanitarie, prima fra tutte la Croce Rossa, per poter aiutare la popolazione in difficoltà.

Sul fronte internazionale, la Turchia promette un’apertura delle proprie frontiere agli esuli e invita tutti i suoi cittadini a rientrare dalla Siria. Più di mille persone si sono aggiunte ieri alle 14000 che hanno varcato il confine dall’inizio delle ostilità, l’ultima ondata spinta all’esodo dalle crescenti violenze scatenate dell’esercito regolare nella città di Iblid, da poco riconquistata dai lealisti. Per far fronte all’emergenza, la Turchia prevede l’istituzione di una zona cuscinetto, che conceda rifugio sicuro ai siriani. La proposta di Ankara di armare i ribelli è invece criticata dalla Francia, che ritiene probabile lo scoppio di una guerra civile, qualora si procedesse in questa decisione.