“Anche i laici vengano in piazza per la famiglia”

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“Anche i laici vengano in piazza per la famiglia”

23 Marzo 2007

«La famiglia è un bene umano fondamentale dal quale dipendono l’identità e il futuro delle persone e della comunità sociale”. Recitano così le prime parole del Manifesto “Più famiglia. Ciò che è bene per la famiglia è bene per il Paese” che 21 associazioni, movimenti e nuove realtà ecclesiali in accordo col Forum per la famiglia hanno sottoscritto qualche giorno fa, e che fa da preludio alla giornata pro family del 12 maggio prossimo a Roma.

Pochi e chiari principi per riaffermare quanto danneggi gli individui e la collettività l’equiparazione al matrimonio di altre forme di convivenza e quanto oggi sia necessaria una promozione responsabile di politiche pubbliche in favore della famiglia, che solleciti i legislatori ad un impegno serio. «Perché – spiega Francesco D’Agostino dell’Associazione giuristi cattolici italiani, Presidente onorario del Comitato di bioetica nonché promotore del manifesto pro-family – il matrimonio e la famiglia non sono istituzioni confessionali o religiose ma strutture antropologiche. L’uomo è per sua natura un animale familiare che riconosce come autentici prima di tutto i vincoli familiari. E l’identità familiare è necessaria per garantire un’ordinata generazione naturale». La famiglia, cioè, è il luogo ottimale per l’educazione dei figli. «Perché garantisce loro un’educazione civile, morale, religiosa. In un ordine che non è affatto casuale».

Nessuna divisione tra laici e cattolici, quindi. Il tema della famiglia è metapolitico, e non può e non deve diventare esclusivamente un tema divisivo tra i credenti e i non credenti, come si è voluto far credere in questi giorni. L’impegno delle associazioni cattoliche scese in campo per difendere l’istituto è prima di tutto un impegno civile. «E’ la sociologia che ci insegna che la famiglia è il luogo della socializzazione primaria. Può sembrare un’affermazione banale ma è proprio su questo fondamento, messo in discussione dal dibattito pubblico di questi mesi, su cui si basa il futuro di un paese». Nessuna alternativa alla famiglia, dunque, «ma per una ragione semplicissima: nessuno Stato sarebbe mai in grado di surrogare alla famiglia anche solo per questioni meramente finanziarie. Si voterebbe automaticamente al fallimento. Quale Stato sarebbe infatti in grado di sostenere l’impegno economico ma anche sostanziale di accudire bambini, offrire soccorso sanitario primario o prestare assistenza di qualunque genere agli anziani?»

Un problema civile, quindi, prima che religioso, e in quanto tale «condivisibile anche dal mondo laico, poiché l’obiettivo vero non è certo quello di richiamare i cattolici al valore della famiglia. L’obiettivo è di difendere la famiglia come bene umano strutturale e necessario da parte dei cittadini. Tutti i cittadini, laici e cattolici, tutti coloro che credono che la famiglia meriti ed esiga una tutela giuridica pubblica, proprio in quanto cellula naturale della società. È la famiglia che custodisce le radici più profonde della nostra comune umanità e forma alla responsabilità sociale”.

La crisi dell’Occidente e la crisi della famiglia

L’Occidente non fronteggia solo nemici esterni ma è messo in crisi dal di dentro, almeno da due fenomeni che si stanno manifestando in tutta la loro drammaticità: la diminuzione dei matrimoni e il declino demografico. «La crisi dell’Occidente coincide con la crisi della famiglia  e le difficoltà della famiglia incidono sul benessere della società. Basti pensare agli episodi di violenza tra i giovani adolescenti. Non c’è da stupirsi: abbandonati a loro stessi i giovani non sono in grado di elaborare da soli parametri civili, sociali o religiosi». Nel disagio giovanile si legge, dunque, quella che nel manifesto è stata chiamata nostalgia di famiglia. “Senza un legame stabile di un padre e di una madre – recita il manifesto – senza un’esperienza di rapporti fraterni, crescono le difficoltà di elaborare un’identità personale e maturare un progetto di vita aperto alla solidarietà e all’attenzione verso i più deboli e gli anziani”. Un’affermazione che rimanda certo al messaggio religioso, ma «molto più banalmente fa appello ai fondamenti della psicanalisi: dove manca la famiglia, che è comunità di amore e di vita, vengono meno due dei fondamenti connaturati con l’istituto familiare, che poi sono incarnati dal ruolo del padre e della madre, l’amore e la legge: il rischio è che si creino individui o dalla psicologia fredda o in preda all’anomia”.

Da giurista D’Agostino ha anche un altro importante punto da sottolineare: «Le politiche in favore della famiglia sono un dovere costituzionale. Abbiamo chiesto alla politica di attivare al più presto un progetto organico e incisivo per adempiere al dettato costituzionale, ma anche per prevenire e contrastare dinamiche di disgregazione sociale, insite nel riconoscimento di istituzioni alternative alla famiglia, e per porre la convivenza civile sotto il segno del bene comune. Se i Dico entrano in vigore ogni giovane coppia si troverà di fronte ad una situazione destabilizzante insita di per se stessa nella possibilità di scegliere tra un patto di convivenza civile e un matrimonio vero e proprio».

Nessuna confusione quindi tra le istanze delle persone conviventi e le esigenze specifiche della famiglia e dei suoi membri. «L’unica convivenza che non entra in conflitto con il matrimonio è il contratto di convivenza che non abbia carattere sessuale, e che quindi non sia in nessun modo autenticamente antitetico all’istituzione matrimoniale. Tanto che questo tipo di contratti può essere perfettamente compatibile con un matrimonio, può avvenire anche in costanza di matrimonio. Si tratta di quei contratti che danno risposta ai problemi insiti nella convivenza materiale. La legislazione sui Dico non funziona perché è limitata alle coppie ed è strettamente connessa al vincolo affettivo. Solo un contratto di convivenza che abbia ragioni sociali e materiali ha un senso».

«Anche la questione di diritti individuali rischia di essere una formula evanescente» E coloro che  sostengono che un potenziamento di tali diritti potrebbe dare risposta già di per sé alla richiesta di tutela dei conviventi, senza scomodare la legislazione sulla famiglia, secondo D’Agostino sbagliano. «Solo un vincolo contrattuale con tanti obblighi quanti diritti funzionano. A meno che non si voglia che si assumano vantaggi sociali senza avere i doveri corrispondenti». Insomma D’Agostino dice sì alle convivenze, purché non sottese da un vincolo di natura sessuale. Elemento che le porrebbe immediatamente su un piano di alterità rispetto al matrimonio, unico fondamento della famiglia. Quella per la quale a maggio saranno in molti a scendere in piazza. (c.v.)