Anche il parlamento europeo contro Basilea 4

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Anche il parlamento europeo contro Basilea 4

14 Novembre 2016

Dopo la Commissione, anche il Parlamento europeo prende posizione contro Basilea 4. Quella che doveva essere una semplice revisione, utile a chiarire alcuni aspetti controversi delle regole di Basilea 3, si sta, infatti, trasformando in una nuova e ampia regolamentazione che supera quella precedente tanto da prendere il nome di Basilea 4 e che il Comitato di Basilea, composto dai supervisori dei più importanti sistemi bancari, conta di approvare a fine novembre all’incontro di Santiago del Cile. La contrarietà del Parlamento europeo giunge dopo quella dell’intero mondo bancario europeo, composto da singole banche e dalle organizzazioni che le rappresentano.

Il voto dei giorni scorsi in Commissione Affari economici del Parlamento europeo è, dunque, soltanto l’ultimo “grido d’allarme” di una vera e propria campagna – forte  soprattutto in Europa, ma diffusa anche fuori dall’Europa ad esempio in Canada e in Giappone – che, da diversi mesi, richiede una moratoria regolamentare. Già a febbraio, il Presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, nel corso dell’audizione trimestrale a Bruxelles, davanti al Comitato Affari economici e monetari del Parlamento europeo, aveva espresso la contrarietà della BCE ad una Basilea 4 e al conseguente inasprimento delle regole sulla patrimonializzazione delle banche anche alla luce della situazione del settore bancario notevolmente rafforzato negli ultimi anni.

La risoluzione appena approvata dalla Commissione Affari economici e che sarà votata nella seduta plenaria del Parlamento europeo dei prossimi 21 e 24 novembre, motiva la contrarietà all’inasprimento della normativa che si va profilando con la necessità e l’urgenza di tornare a considerare il ruolo centrale delle banche nel finanziare l’economia riconoscendo come esso sia un pilastro imprescindibile per finanziare l’economia reale e uscire dalla lunga stagnazione che essa sta attraversando. La preoccupazione nei confronti di una regolamentazione a geometria variabile che si va profilando e che più volte abbiamo espresso è più che mai giustificata. Oltre al fatto che essa rappresenterebbe l’ennesimo imponente intervento “organico” normativo degli ultimi 10 anni – dopo Basilea 2 e 3, l’introduzione del Meccanismo Unico di Vigilanza, il sistema di risoluzione delle crisi ed il bail-in, le disposizioni in tema di governance e quelle sulla trasparenza dei servizi finanziari – prevedrebbe l’imposizione alle banche di un nuovo modello di rischio standardizzato abbandonando definitivamente la soluzione dei modelli avanzati posti da Basilea 3 al livello più sofisticato di stima dei rischi.

Dunque, un sistema standardizzato contro la possibilità di effettuare stime interne, flessibili e, per questo, in grado di valutare ed apprezzare le caratteristiche particolari del mercato di riferimento e quelle dell’affidabilità del cliente. Quello che verrebbe introdotto sarebbe un sistema impermeabile al contesto soggettivo e di mercato, un sistema più teorico e grezzo che, paradossalmente, renderebbe inutilizzabili i costosi modelli di cui si sono dovuti dotare le banche, grandi e medio-grandi, negli ultimi otto anni. Le conseguenze della messa in pratica di questo sistema sarebbero negative per l’intero sistema economico e, soprattutto, per le Piccole e Medie Imprese per le quali l’accesso al credito sarebbe, di fatto, sempre più difficile se non impossibile senza contare che – altro requisito richiesto dalla nuova normativa – per erogare un prestito a una piccola o media impresa, sopratutto se di nuova costituzione, la banca sarebbe costretta ad accantonamenti ancora più elevati con l’ulteriore riduzione della propria operatività e quindi del numero delle operazioni di finanziamento. Una spirale i cui effetti negativi non ricadrebbero soltanto sui profitti delle banche ma, prima di tutto, sull’economia reale prigioniera di una vera e propria camicia di forza.

Proprio in sintonia con queste preoccupazioni sembra essersi espresso, seppur indirettamente, anche il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco che, in occasione di un recente intervento sulla “Lezione di Giorgio Ambrosoli”, ha chiarito come “l’azione di vigilanza non può arrivare a sostituirsi alle scelte imprenditoriali, che restano sotto la responsabilità dei banchieri”. La riduzione del rischio sarà, molto naturalmente, una delle conseguenze della ripresa e della crescita economica. “Le banche hanno mostrato una sostanziale capacità di tenuta” e “non fronteggiano una crisi di natura sistemica”, ha chiarito nello stesso intervento Visco. Per questo vanno tutelate e messe nelle condizioni di svolgere in sicurezza il proprio mestiere che è, principalmente, quello di finanziare e sostenere l’economia. Per farlo, però, la conoscenza diretta della persona e della sua capacità di intraprendere è molto più utile di applicazioni teoriche smentite e modificate ogni cinque/sei anni e continua a rappresentare la più affidabile delle “garanzie” perché sviluppa un rapporto fiduciario reciproco tra banca e cliente.

* Segretario Generale Associazione Nazionale fra le Banche Popolari