Anche la Di Gregorio sale sulla giostra degli esordienti
13 Febbraio 2011
Dopo il successo de “La solitudine dei numeri primi” di Paolo Giordano – vincitore del premio Strega e caso letterario del 2008 – in Italia è scoppiata la moda dell’esordiente. Funziona più o meno così: ogni anno le case editrici scommettono su giovane autore, presentandolo come una promessa della letteratura italiana. La speranza, ovviamente, è quella di bissare il successo di vendite del tandem Giordano-Mondadori: quanto alla qualità letteraria, però, nella maggior parte dei casi le promesse restano tali. A questo proposito, si pensi solo ad “Acciaio” di Silvia Avallone: bestseller supportato da un’imponente campagna pubblicitaria, il romanzo resta a mio parere tra i più sopravvalutati del 2010. Un anno in cui, alla faccia dei giovani, il miglior esordio è firmato da un regista quarantenne, Paolo Sorrentino, autore del fantastico “Hanno tutti ragione”.
Pochi giorni dopo la sconfitta di Silvia Avallone al premio Strega, vinto per un pugno di voti dal “veterano” Antonio Pennacchi, Rizzoli aveva già le idee chiare sul prossimo (auspicato) caso letterario. Lo annuncia Michele Rossi, editor della narrativa italiana, al quotidiano “Affaritaliani.it”: all’inizio del 2011, spiega, “porteremo in libreria il primo romanzo di quella che credo essere una delle scrittrici italiane con più prospettiva, Barbara Di Gregorio, abruzzese classe 1982. Ci stiamo lavorando da quattro anni”. Il romanzo in questione, intitolato felicemente “Le giostre sono per gli scemi”, sarà il “meno italiano pubblicato in Italia negli ultimi dieci anni. E penso che lascerà una traccia”. Il solito marketing, per lanciare la “nuova Avallone”? No, Rossi ha ragione. Perché a differenza di molti suoi colleghi, Barbara Di Gregorio ha scritto una storia che non può lasciare indifferenti.
Cominciamo col dire che l’autrice non è proprio un’esordiente. Se “Le giostre sono per gli scemi” è il suo primo romanzo, la Di Gregorio ha già scritto racconti per riviste importanti – “Nuovi Argomenti”, “Eleanor Rigby” – e per l’antologia “Voi siete qui”, edita nel 2007 da Minimum Fax. Tra una storia e l’altra, Barbara ha fatto un po’ di tutto: ha studiato al Dams di Bologna, ha lavorato alla Snai, ha fatto la cameriera (e continua a farlo: “Per il momento lavorare come cameriera mi serve per pagare l’affitto”, ha confidato ad Antonio Prudenzano). Ma se è vero che in Italia i racconti non li legge più nessuno, il romanzo resta il grande salto per ogni aspirante scrittore: una prova ampiamente superata da questo libro, opera che – a partire dal titolo e dalla copertina – ammalia il lettore fino all’ultima pagina, coniugando una vicenda sorprendente con una scrittura elegante.
Le giostre del titolo dominano la vita dei due protagonisti: Leonardo e Chicco, fratellastri, figli della stessa madre. Vivono a Pescara, terra di zingari – “famiglie che hanno girato il mondo per secoli, e a un certo punto Dio sa perché si fermano e decidono di diventare normali” – come la nonna e il padre di Leonardo, che un bel giorno se ne va di casa lasciando moglie, figlio e un ottovolante chiuso in garage. Barbara Di Gregorio segue la vita dei due ragazzi dal 1991 al 1999, raccontando la sconfinata ammirazione di Chicco per il fratello maggiore, la partenza di Leonardo e la sua definitiva “scomparsa”, il difficile rapporto di Chicco – un bambino intelligente e solo, schiavo del cibo e del ricordo del fratello – con il mondo che lo circonda. Il tutto all’ombra di ferite dolorose e segreti inconfessabili, destinati a venire alla luce per chiudere definitivamente il cerchio.
Il bello di “Le giostre sono per gli scemi” sta in gran parte nelle continue sorprese narrative, che è bene non rivelare in una recensione. Un particolare, però, non può essere taciuto: Barbara Di Gregorio ha scritto una storia che inizia come un romanzo realista, per poi virare improvvisamente verso una magia che – vuoi per la buona scrittura, vuoi per il solido impianto narrativo – appare sempre e comunque verosimile, o se vogliamo inevitabile. Non so se questo sia un libro poco “italiano”, come dice Michele Rossi, ma di certo è un libro nuovo, fresco, che ha il merito di raccontare l’adolescenza e la provincia italiana andando oltre i soliti cliché. Se Rizzoli punterà sulle giostre della Di Gregorio per vincere lo Strega, (giustamente) negato ad “Acciaio”, questa volta tiferemo per lei.