Anche le Iene piangono

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Anche le Iene piangono

22 Gennaio 2008

Chissà come avrebbe commentato Alessandro Sortino, inviato delle Iene, se
invece che l’intervistato fosse stato l’intervistatore; chissà che chiosa
sarcastica avrebbe tirato fuori se fosse stata una delle sue prede a dargli la
risposta che lui stesso ha opposto a Lorenzo Salvia, giornalista del Corriere
della Sera. Salvia lo ha sentito a proposito dello scontro con il figlio di
Clemente Mastella, Elio: alla domanda del cronista se suo padre lo avesse mai
aiutato, Sortino non ha trovato di meglio che screditare la domanda, pur di non
rispondere ed evitare così di confrontarsi con il suo interlocutore come le sue
vittime fanno con lui, da accusato ad accusatore. Una domanda illegittima,
sostiene Sortino, quella sulla possibilità che Sortino senior – pezzo grosso
della Fieg prima e dell’Autorità delle Comunicazioni poi – abbia giocato un
qualche ruolo nella sua carriera da giornalista.

Non gli è neppure passato per
la mente, a Sortino, che potesse essere la sua risposta ad essere  illegittima: nel senso elementare della
parola, al di fuori delle leggi, delle regole del gioco – le stesse, peraltro,
che proprio la Iena aveva appena definito, ma che evidentemente ha ritenuto valere
solo per altrui, non per sé.

Se fosse solo un piccolo caso mediatico
(che pure, c’è da giurarci, con l’aria che tira non cesserà di far discutere),
saremmo a cavallo; ma la reazione di Sortino è sintomo di un male più profondo.

Nelle sue parole riecheggia la stessa teoria della doppia morale che anima le
malefatte del giustizialismo di cui abbiamo in questi giorni a dolerci; non
soltanto quello della magistratura politicizzata, ma anche e soprattutto quello
della stampa dalla schiena cosiddetta dritta, che la magistratura fomenta,
foraggia, supporta nella sua sistematica demolizione della democrazia.

Quale
modo migliore esiste, infatti, per mettere questa democrazia in pericolo, se
non adottare in maniera sistematica, all’ennesimo grado, la strategia
esemplificata dalla Iena: quella di ritenere le regole valide solo per gli
altri? Giudici e giornalisti si fanno forti dello stesso moralismo qualunquista
– buono a gloriarsi di menar fendenti contro bersagli fin troppo facili, ma mai
capace di autoregolarsi – che decreta il successo di trasmissioni come quella
cui Sortino presta il volto.

Nonostante anche per queste anime belle vengano
occasionalmente alla luce gli altarini, il vizio dell’”animabellismo” è duro a
morire, specialmente in certa TV che ne ha fatto il proprio pane quotidiano. E’
la cifra di trasmissioni come “Le Iene” o “Striscia la Notizia”, animate da
inviati speciali nel cosiddetto malcostume nazionale, portavoce dei mille
piccoli risentimenti del cittadino medio, che di fronte a telecamere
apparentemente obiettive esplodono come un fiume in piena.

Di norma, i figuri
che denunciano sprechi, disservizi e privilegi si proclamano volutamente
estranei alla deontologia giornalistica, facendo dell’onnipresente diritto di
satira il loro scudo contro ogni possibile obiezione di scarsa professionalità.
Tra i due programmi, tuttavia, esiste una impercettibile e fondamentale
differenza: gli inviati di Antonio Ricci sono realmente intoccabili. Impossibile
contestarli o screditarli, non solo per la faccia di tolla che li
contraddistingue, ma soprattutto perché si pongono al di sotto di ogni sospetto,
tanto sono sgangherati, autoironici fino alla ridicolizzazione, tutti con
qualche neo personale più o meno esplicito, che abbassa il livello delle
aspettative fino a sottrarli a ogni critica (lo stesso Ricci li ha accuratamente
selezionati all’uopo).

Le Iene, al contrario, ridono meno di sé, e avanzano
qualche pretesa in più; qualcuna di troppo, pare, tanto da essere diventate loro
stesse oggetto di dileggio da parte dei comici di Zelig.

E così è bastato un
Elio Mastella qualunque che – anziché farsi saltare i nervi come è accaduto a
tanti – ha risposto pan per focaccia, per dimostrare davanti a tutta Italia che
anche le Iene piangono.