Anche l’Italia ha la sua legge anticorruzione. Finalmente

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Anche l’Italia ha la sua legge anticorruzione. Finalmente

03 Novembre 2012

La giornata del 31 ottobre, consegna all’Italia una delle giornate certamente destinate a passare alla storia del nostro ordinamento giudiziario: da allora, a conclusione di un iter che nessuno fatica a definire travagliato, il nostro Paese possiede la tanto auspicata disciplina sulla corruzione. La genesi di questo disegno di legge, appena licenziato dalla Camera dei Deputati, risale infatti all’ultimo governo Berlusconi ed all’allora guardasigilli Angelino Alfano il quale, sin dal 2010, aveva compreso l’urgenza e la necessità di un tale nuovo testo; improscrastinabilità che oggi si traduce nelle dichiarazioni del Segretario PdL secondo cui «quando l’ho proposto al Parlamento ero Ministro della Giustizia. Ora ho un ruolo diverso, ma l’orgoglio è lo stesso che ho sentito allora». 

Numerose sono state le polemiche sorte, in questi anni, intorno alla tematica delle fattispecie corruttive, assolutamente centrale e delicata per la vita dello Stato, a cominciare dal parere inizialmente negativo espresso dal CSM, e successivamente stemperato, nella propria portata, con l’apertura verso un testo che, sebbene perfettibile, veniva valutato – nelle considerazioni del vice-presidente Vietti – positivamente in quanto caratterizzato da "più le cose positive di quelle negative". 

La conversione in legge di questo ddl, dopo la ratifica dello scorso 28 giugno delle due Convenzioni (civile e penale) di Strasburgo sulla corruzione, pone il nostro Paese in linea con i più moderni Stati Europei nella prevenzione e nella lotta a questa tipologia di reati, costituendo – come dichiarato dal Presidente Monti – «un passaggio importante per ridare competitività all’economia italiana». La portata della novella normativa, tuttavia, risulta tale da trascendere le considerazioni del Premier risultando centrale, non solo in termini di pura competitività del sistema Paese, ma anche nel non negoziabile tentativo della politica di recuperare quella credibilità, compromessa dalla recente stagione degli scandali, agli occhi dei cittadini. Operazione questa apparsa tanto cardinale quanto difficile già all’indomani della tornata elettorale siciliana, capace di portare alla ribalta della vita politica italiana due attori certamente scomodi per le forze politiche parlamentari: il partito dell’astensionismo e quel Movimento 5 Stelle, da più parti indicato quale massima espressione del pericolo attuale di una deriva elettorale in chiave populista. 

Superando le considerazioni di premessa, necessarie a contestualizzare la nuova legge dello Stato, non può mancarsi di evidenziarne uno dei tratti certamente distintivi, in uno con il significativo inasprimento del quadro sanzionatorio, costante nell’accoglimento delle aspettative dei cittadini in tema di onorabilità delle persone chiamate a rappresentare lo Stato. In particolare, il ddl da ultimo approvato conferisce al Governo un’ampia delega per l’adozione – nel termine di un anno dall’entrata in vigore della legge – di un testo unico capace di impedire – entro confini rigidamente disegnati da pene detentive piuttosto stringenti – non solo la candidabilità alle cariche politiche, ma anche la partecipazione agli organismi direttivi delle istituzioni strumentali degli Enti Locali, di persone condannate in  via definitiva per reati considerati particolarmente dannosi per il tessuto economico e sociale italiano. Importante conferma a tale inflessibilità nei parametri di giudizio di indegnità all’esercizio del munus publico, si coglie peraltro, nella previsione che l’"incandidabilita" operi anche in caso di applicazione della pena su richiesta, il cosiddetto "patteggiamento". 

Alla luce di tale quadro, arricchito dalle altre importanti previsioni di inasprimento delle pene necessarie al contrasto del fenomeno corruttivo, non può sfuggire l’importante opportunità offerta alla nostra società dal ddl corruzione per un rilancio sia dell’immagine del nostro Paese (fattore questo mai così importante nelle determinazione degli incidi di Borsa, come imparato da tutti noi nei giorni dell’incubo dello spread) sia dell’economia, soffocata dal fardello degli oneri economici costituenti diretto portato di ogni fenomeno di malaffare nella gestione della res publica. Centralità e crucialità ben compresa da tutti gli attori istituzionali: sia dalle forze parlamentari, capaci in occasione di tale ultima deliberazione alla Camera di superare ogni personalismo, sia dagli esponenti dell’esecutivo. Nel primo senso emblematica appare la posizione di grande responsabilità assunta dal PdL, e compendiata nelle parole del Segretario Alfano che dichiarava, all’alba della cruciale seduta alla Camera, «voteremo a favore del ddl Alfano che non è semplicemente omonimo di chi sta parlando ma è stato da noi proposto, approvato e poi implementato dal governo Monti». Unica voce fuori dal coro quella del Leader dell’IDV Di Pietro contrario ad un testo percepito come un bieco compromesso tra le diverse forze politiche, e meritorio quindi di un «accorato appello al Capo dello Stato affinché con il suo intervento possa rimandare l’atto al Parlamento per una rilettura complessiva». 

Nel secondo, la dura replica del Guardasigilli Paola Severino che ricorda come «si può sempre fare di più, ciò non vuol dire che si siano stati compromessi politici al ribasso». La titolare del dicastero di Via Arenula ha inoltre sottolineato, rivolta a quanti lamentavano la carenza nella legge di una riforma circa prescrizione e falso in bilancio, come questi temi "sebbene un contributo su queste sia nelle intenzioni del Governo" non siano stati affrontati in quanto l’analisi nel ddl approvato si sia concentrata esclusivamente sul fenomeno della corruzione. Analisi questa chiusa con una promessa del Ministro che ha assicurato, con una non trascurabile assunzione di responsabilità dell’Esecutivo, come «insieme con il ministro Patroni Griffi e il ministro Cancellieri [..] da parte del Governo c’e’ l’intenzione di attuare immediatamente la delega e di poterla utilizzare prima delle elezioni». 

Importante conferma della bontà del lavoro del Legislatore, in un mondo certamente perfettibile quale quello del diritto, si riscontra quindi nel plauso di Confindustria, da tempo schierata a favore di una rapida approvazione; nonché del procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso per il quale «è evidente sia un grande risultato sia sotto il profilo della corruzione tra privati che sotto quello della collaborazione tra diverse forze politiche. Tuttavia, ci sono possibili margini di miglioramento – poiché, come non esita a precisare – penso che per poter colpire veramente la corruzione occorra creare strumenti giuridici che diano benefici nel caso in cui qualcuno decida di rompere il patto corruttivo. Benefici come gli sconti di pena e le attenuanti, addirittura nell’esecuzione della pena, come per il sistema dei pentiti che utilizziamo per ottenere informazioni all’interno delle organizzazioni mafiose».