Anche senza armi chimiche la Siria resterà un problema
08 Ottobre 2013
"E’ estremamente significativo che la Siria abbia già distrutto una parte delle armi chimiche, è un buon inizio. Il suo regime merita un riconoscimento per essersi attenuto alla risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sulla distruzione degli arsenali chimici". A pochi giorni dalla risoluzione Onu, le parole di John Kerry, Segretario di Stato americano, suonano piacevolmente positive e distese durante la conferenza stampa tenuta a margine dell’incontro a Bali tra i Paesi della Cooperazione Economica Asia-Pacifico.
Kerry aggiunge: “Il processo è iniziato in tempi record. Siamo grati alla Russia per aver cooperato all’iniziativa e, naturalmente, alla Siria”. Solo un mese fa venti di guerra attanagliavano la regione mediorientale, con gli Stati Uniti in prima linea che spingevano per l’intervento armato in Siria, e Mosca attenta e vigile nello scongiurare un’azione di forza americana. Cosa è cambiato rispetto a quei giorni? Il documento prodotto dagli ispettori dell’Onu sull’uso delle armi chimiche ha sì sancito l’uso del gas Sarin durante la guerra civile, in particolare nella giornata del 21 agosto, ma non chiariva chi effettivamente l’avesse utilizzato. I colloqui di Ginevra tra i ministri degli esteri Kerry e Lavrov hanno segnato il solco per una road map costruttiva ed efficace nella soluzione della crisi siriana.
E oggi siamo di fronte ad un successo della comunità internazionale, almeno sembra, perché era da tempo che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite non prendeva unanimemente una decisione importante e al tempo stesso delicata come quella del 27 settembre. Seguendo il testo dell’accordo raggiunto al Palazzo di Vetro, gli ispettori, nella giornata di domenica, hanno lasciato Damasco per una località segreta nella quale ha avuto inizio il processo di distruzione delle armi chimiche. "Bisogna specificare che sono i siriani a distruggere l’arsenale chimico. Noi monitoriamo, osserviamo, verifichiamo e stendiamo il rapporto”, ha affermato un ufficiale membro del team dell’Onu.
Anche senza l’arsenale chimico, l’esercito, leale ad Assad, ha una forza aerea e un contingente di terra meglio equipaggiati rispetto ai ribelli, un vantaggio significativo che si aggiunge allo sfaldamento interno degli oppositori al regime, che ha visto un numero elevato di guerriglieri aderire alle brigate islamiste. Alcuni rumors sostengono che una parte della flotta aerea di Assad sia stata dislocata in Iran per proteggerla da un eventuale raid militare esterno. Ad oggi l’intervento sembra scongiurato, e la comunità internazionale si aspetta che la Siria prosegua il lungo cammino appena iniziato.