Anche sulla Grecia nei grandi summit s’è parlato molto ma s’è deciso poco

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Anche sulla Grecia nei grandi summit s’è parlato molto ma s’è deciso poco

26 Aprile 2010

Il focus sull’emergenza-Grecia ha assorbito molte delle energie dei meeting primaverili a Washington tra G20 dei ministri del lavoro, G20 dei ministri dell’economia, Fondo monetario internazionale e Banca mondiale, col risultato di farne ancora di più, secondo le parole di quel routier dell’economia mondiale che è Giulio Tremonti, un passaggio importante epperò più di riflessione che di decisioni.

Il gotha dell’economia mondiale, 186 i Paesi membri del Fondo, i ministri dei Paesi ricchi più quelli  di alcune economie emergenti (dal Sudrafrica, all’Arabia Saudita, dal Brasile all’Australia) al termine di un approfondito giro di orizzonte sull’economia mondiale hanno concluso che la ripresa economica si consolida e addirittura accelera sia pure con velocità diverse (in testa la Cina che cresce del 10%, gli Stati Uniti sopra la soglia del 3%,meno bene l’Europa) ma per il momento non produce significativi aumenti di posti di lavoro, tenendo conto che solo in America in diciotto mesi ne sono stati bruciati 8 milioni.

Insomma l’abusata metafora de "il peggio è alle spalle" accompagnata dal solito campanello d’allarme del Comitato monetario e finanziario per i rischi legati alla crescita del debito pubblico indotto dai piani di rilancio messi in campo per uscire il più rapidamente possibile dalla recessione. Tenere, dunque, a bada il debito, raccomanda il Fondo per proteggere la crescita dell’economia e la stabilità del sistema finanziario mondiale. Ad Atene, meglio al suo ministro delle finanze, Papacostantinou, sono fischiate le orecchie, anche se nel comunicato finale non figura alcun accenno alla Grecia.

Avevano fatto gran rumore con anticipazioni sui giornali le ipotesi del Fondo monetario proposte ai ministri dell’economia di una doppia tassazione alle banche per prevenire possibili future crisi. Ma il Canada che regge la presidenza di turno del G20 e che prepara il summit dei capi di stato e di governo a Toronto il 20 giugno ha giudicato quelle misure "eccessive". Alcuni altri Paesi gli hanno fatto da sponda ed è finita che i ministri hanno incaricato il Fondo di continuare a studiare la materia.

Nessun passo avanti neppure su un’altra  eterna questione, la ripartizione dei poteri negli organi del Fondo dove gli americani e gli europei giocano un ruolo cruciale perché mettono i soldi e insieme hanno una sorta di diritto di veto sulle decisioni.

Giulio Tremonti fotografa così la situazione. La crisi ha cambiato la struttura dell’economia, debbono cambiare gli operatori e la politica, sono superati i rischi del protezionismo, riparte l’economia a due velocità, disegnando una carta  del Mondo duale. "Una economia che esportava nel vecchio mondo deve adattare la sua struttura. E’ abbastanza evidente", chiarisce il ministro, "che dal lato degli Usa deve un po’ aumentare il risparmio e simmetricamente devono scendere i consumi. Dal lato della Cina è l’opposto: devono scendere un po’ i risparmi e spingere i consumi. Le  economie più dinamiche sono in altre parti del mondo e le nostre imprese devono inseguirle e organizzarsi".

Incombono rischi da possibili crisi fiscali degli Stati e dalla crescita del debito pubblico. Su questo ultimo versante Tremonti mostra con bella soddisfazione alcune tabelle del Fondo monetario che vedono l’Italia appaiata alla Germania e meglio messa di tanti altri Paesi, Stati Uniti compresi. "I tedeschi sono un popolo di virtuosi, argomenta il ministro, noi abbiamo dovuto fare di necessità virtù. Ma è positivo alla fine trovarci nella parte migliore delle classifiche. Di solito non era così. E questo è oggettivamente un merito del governo Brelusconi".

Dal prologo di questi meeting quello del g20 dei ministri del Lavoro è arrivato un apprezzamento per le ‘buone pratiche" messe in piedi dal governo italiano e da quello tedesco per difendere l’occupazione. Il Fondo, spiega il ministro Maurizio Sacconi, ha promosso "l’uso di strumenti come la cassa integrazione e i contratti di solidarietà, osservando soltanto che si deve evitare una sorta di cronica dipendenza dal  sussidio per molte persone".