Ancora ragazzine abusate da gang di musulmani in Inghilterra
14 Aprile 2017
A Huddersfield è passato pure Pirandello. Meglio, non esattamente il grande drammaturgo italiano, ma una delle sue opere, “Lazzaro”. Era il 1929 e nella città medioevale situata nel cuore della Gran Bretagna, a metà strada fra Leeds e Manchester, andava in scena una parte della produzione letteraria dello scrittore italiano. L’argomento religioso in un mito, inserito in un tema più ampio, quello dello scontro di due culture.
Guardando a questo episodio da una prospettiva presente, la vicenda ha un che di profetico. Huddersfield dista da Rotherham appena 45 chilometri, il che rende ormai endemici questo genere di drammi moderni nel Regno Unito: a Huddersfield 18 ragazzine, undicenni o non più che diciassettenni, sono state violentate da gang islamiche nell’arco di sette anni. Tra il 2004 e il 2011. Niente di diverso da Rotherham, specie nei dettagli più scabrosi. Solo i numeri, nel caso di Rotherham le vittime sono state migliaia, nel silenzio della comunità in cui avvenivano le violenze.
Due giorni fa ventisette uomini e due donne, “velate”, come sottolinea qualche quotidiano inglese, e quindi “non molestabili” (crf. Corano 33:59) sono comparsi in tribunale per i fatti di Huddersfield. Scortati dalla polizia tra le proteste dei cittadini indignati, hanno provato a nascondere il loro volto ai fotografi. Sono centosettanta i capi d’imputazione che pendono sulle loro teste. Complessivamente: abuso di minori, violenza sfruttamento sessuale, aggressione razziale aggravata, diffusione di materiale pedopornografico e somministrazione di sostanze stupefacenti. Dettaglio, quest’ultimo, che ricorre in altri casi di violenze registrati in Gran Bretagna.
I fascicoli delle indagini erano stati aperti a fine 2013, gli arresti sono stati disposti solo in questi giorni. E, ad oggi, solo due degli accusati sono in custodia cautelare. Gli altri sono stati rilasciati su cauzione con l’obbligo di comparire davanti alla Corte il prossimo mese. Qualcuno potrebbe chiedersi perché. Perché questi casi continuano a ripetersi ormai periodicamente. Il Regno Unito come la Nigeria di Boko Haram, il gruppo islamista che sequestra, violenta e trasforma in schiave sessuali giovani studentesse?
Nello Stato islamico “quando un bambino o una donna sono fatti prigionieri, diventano schiavi per il fatto di essere stati catturati”. Le donne, allora, diventano proprietà assoluta del rapitore. E non importa che donne lo siano diventate almeno anagraficamente. Basta che siano di sesso femminile. Nel maggio del 2011, lo sceicco Abu-Ishaq al-Huwayni ha dichiarato, “siamo nell’era della jihad“, il che significa che i musulmani nella lotta agli infedeli devono fare “schiavi e prigionieri”.
E quando si parla di schiavi e prigionieri il riferimento è uno solo. Ha provato a renderlo ancor meno equivocabile una politica del Kuwait, Salwa al-Mutairi, che nel 2011 si è espressa a favore della pratica della schiavitù sessuale delle donne non-musulmane, sottolineando come questa sia in totale armonia con la legge islamica e con i parametri della morale musulmana. Come se dovessero essere biasimate le leggi dei paesi europei che impediscono e contrastano tutto questo.
A sostegno della sua tesi, al-Mutairi ha portato le dichiarazioni di un mufti – un giurisperito musulmano -, “la legge delle schiave del sesso è attuabile in un contesto che prevedere una nazione musulmana in guerra con una nazione cristiana, o, più in generale, di religione non islamica. In quel caso, ci devono essere dei prigionieri di guerra. Le schiave del sesso non sono proibite dall’Islam, perché sono sotto una legge diversa da quella della donna libera. La donna libera deve andare in giro completamente coperta, tranne che per il viso e le mani. Ma la schiava del sesso può essere nuda dalla vita in su. Lei si differenzia molto dalla donna libera. Mentre la donna libera richiede un contratto di matrimonio, la schiava del sesso ha solo bisogno di essere acquistata dal marito, e questo è tutto”.
Nei paesi occidentali è ancora vivo il senso di colpa per lo schiavismo, una delle accuse che vengono rivolte più spesso alle nostre democrazie, e alla loro storia. Ma il legame tra il Corano e lo schiavismo rischia di diventare un consuetudine nel presente della Gran Bretagna e di altri Paesi europei. La schiavitù di cui non si parla oggi è quella della donna all’islam. E intanto un nuovo capitolo nella storia degli abusi sessuali commessi da gang musulmane è stato scritto nella civile, moderna e multiculturale Inghilterra.