Andare al voto per poter pensare ad una continuità
11 Novembre 2011
Non si può dire che le dimissioni del premier non fossero attese. E si può aggiungere che, forse, sarebbero potute giungere prima. Per questo sembra paradossale il clima d’incertezza che continua a incombere sul nostro Paese. L’unico modo per spazzare via tutto sarebbero le elezioni, senza se e senza ma.
Lo strano clima di incombente cambiamento è nell’aria da un anno. Tutti ricordiamo il voto del 14 dicembre scorso, quando in seguito all’uscita di Fini dal Pdl e la conseguente nascita di Fli si parlava di show down, resa dei conti, giudizio finale. Sono passati 300 giorni e siamo nelle stesse condizioni, con l’aggravante dell’inasprirsi delle tensioni politiche e sociali dell’Italia.
In questo contesto, servirebbe a poco un governo di tecnici che rimanderebbe di qualche mese l’unico vero bisogno: un azzeramento totale delle compagini come le conosciamo oggi e una nuova stagione basata su alleanze diverse, equilibri spostati e, perché no, soggetti emergenti. Unica pecca di tale scenario è l’impossibilità di avviare la riforma del sistema elettorale, primo tassello necessario – ma non sufficiente – per l’ingresso di personalità preparate e credibili.
Il quadro economico mondiale non incita all’ottimismo ma inaugurare una “terza repubblica”, sulla scorta di quanto avvenuto con la “discesa in campo” di Berlusconi può rappresentare una svolta. Che non risolverebbe in un sol colpo tutti i problemi ma di sicuro darebbe una sferzata tanto alle istituzioni quanto agli elettori.
Insomma, andare alle elezioni potrebbe voler dire continuità in un momento in cui non si riesce più a pensare al domani. Potrebbe voler dire scrutare gli orizzonti, come si fa al mare. Non ai Monti.