Ankara non ha più bisogno di Israele per aver buoni rapporti con gli USA
07 Luglio 2011
Dopo le incomprensioni registratesi durante la presidenza di George W. Bush a causa dall’intervento in Iraq, la Casa Bianca oggi vede nella Turchia un ponte ideale verso il mondo musulmano proprio per il suo islamismo moderato e le sue istituzioni democratiche e questo avrebbe portato i dirigenti politici turchi alla conclusione che il rapporto con Israele non sia più necessario per ottenere da Washington un atteggiamento più favorevole nei confronti di Ankara. Tuttavia, l’intraprendenza diplomatica di Ankara ha iniziato a suscitare qualche perplessità anche negli Stati Uniti.
Le iniziative portate avanti da Erdogan insieme al Brasile per favorire un accordo sul programma nucleare iraniano e la convinzione espressa da diversi esponenti politici di Ankara che la Turchia con il suo ruolo possa portare ad un cambiamento nella situazione a Gaza, sono state viste in maniera non certo favorevole dall’Ammnistrazione statunitense. Ma il punto più basso nelle relazioni tra i due Paesi è stato sicuramente toccato nel Maggio dello scorso anno, quando l’assalto di un reparto militare israeliano ad una flottiglia di imbarcazioni provenienti dalla Grecia e dalla Turchia che è costato la vita a nove persone – otto cittadini di Ankara ed uno statunitense ma di origini turche – ha portato Israele e Turchia ad una crisi diplomatica senza precedenti. Organizzata dalla Foundation for Human Rights and Freedoms and Humanitarian Relief ( IHH ) la missione, che aveva lo scopo di rompere il blocco imposto da Israele alla Striscia di Gaza, ha finito per provocare un caso politico internazionale.
Se da un lato Gerusalemme sostiene che i responsabili della spedizione non hanno osservato le indicazioni delle autorità israeliane le quali avevano invitato la flottiglia a far scalo al porto di Ashdod da dove la merce sarebbe stata in seguito trasportata a Gaza via terra, dall’altro gli organizzatori accusano invece il governo israeliano di aver attaccato le imbarcazioni in acque internazionali compiendo quindi un atto contrario al diritto internazionale. La stessa attività della IHH è stata poi contestata dal governo isrealiano. Formalmente incaricata di portare assistenza umanitaria alle popolazioni colpite da catastrofi naturali e conflitti, la Foundation for Human Rights and Freedoms and Humanitarian Relief in realtà sarebbe invece implicata in attività di appoggio a gruppi fondamentalisti islamici, tanto che, stando a quanto riportato da fonti d’intelligence francese e da un’inchiesta delle stesse autorità turche, in passasto nei suoi uffici sono state trovate armi ed esplosivo mentre lo stesso presidente dell’IHH Bulent Yildrim avrebbe operato per reclutare guerriglieri islamici da inviare in zone di guerra.
Resta ora da vedere quale indirizzo potranno prendere i rapporti tra Israele e Turchia nel prossimo futuro. E qui si scontrano due linee di pensiero divergenti. La prima è che le relazioni sono ormai irrimediabilmente deteriorate. In un’intervista rilasciata al Jerusalem Post, l’ex – Ambasciatore statunitense a Tel Aviv Martin Indyk ha evidenziato come in Turchia siano venuti meno i due principali fattori interni, rappresentati dalle Forze Armate e dagli ambienti economici, che in passato avevano fatto da freno impedendo al Paese di allontanarsi da Israele e di rivolgere la sua politica verso il mondo arabo. I militari oggi non hanno più la stessa influenza del passato sulle scelte del governo, mentre il mondo imprenditoriale, pur rimanendo rilevanti i legami economici con Israele, è in buoni rapporti con l’esecutivo e non pare intenzionato ad incrinarli. La seconda invece, sostenuta dal Ministro della Difesa Ehud Barack e da quello dell’Industria e Commercio Ben Eliezer, ritiene opportuno favorire un riavvicinamento data l’importanza strategica, politica ed economica dei rapporti con Ankara. La Turchia è membro della NATO, dispone di una Costituzione laica e secolare e di una popolazione che in grande maggioranza è contraria al fondamentalismo e non desidera l’introduzione di leggi islamiche. Ankara può inoltre giocare un importante ruolo di mediazione nei negoziati tra Israele e Siria e la sua posizione geografica ne fa un ponte tra l’Europa ed il Medio – Oriente. Per questo, forse, perdere la Turchia ad Israele non conviene.
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