Ankara non tratta con Baghdad e chiama Washington

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Ankara non tratta con Baghdad e chiama Washington

27 Ottobre 2007

Il comando militare turco eviterà di prendere decisioni riguardo all’attacco dei Curdi separatisti del Pkk fino a che il Primo Ministro Tayyip Erdogan si recherà negli Usa la prossima settimana. Il governo di Ankara, intanto, ha bocciato le proposte di Baghdad.

Lo stesso Erdogan aveva detto venerdì che un’eventuale azione militare farebbe parte di un processo più ampio che coinvolgerebbe anche la sua consultazione con il Presidente Usa George Bush.

“La visita del nostro Primo Ministro negli Usa è importante, aspetteremo fino al suo ritorno”, ha dichiarato il Generale Yasar Buyukanit, alla televisione NTV”, aggiungendo anche:

“Le forze armate porteranno avanti offensive oltre confine quando riceveranno l’ordine di farlo”, rifiutando così il suggerimento arrivato nei giorni scorsi dalle autorità irachene che chiedevano di fermare questo tipo di attacchi contro il Kurdistan.

Secondo il governo di Ankara, le proposte irachene, che includevano anche la costruzione di postazioni militari lungo il confine tra Turchia e Kurdistan e la creazione di una task-force di soldati della coalizione per monitorare le incursioni del Pkk, sarebbero “ben intenzionate e sincere”.

Il problema è che queste contromisure prenderebbero troppo tempo e “il fattore tempo è molto importante” , ha fatto sapere il ministero degli Esteri turco.

Ovviamente, la decisione da parte del governo turco di non portare avanti attacchi per almeno una settimana ha fatto tirare un sospiro di sollievo al comando militare Usa. D’altra parte, alla Casa Bianca ci si trova ora in una scomoda posizione: dover fare da mediatore tra il governo di Baghdad e uno dei suoi alleati più importanti della Nato.

Infatti, il Segretario di Stato Usa, Condoleezza Rice, ha recentemente rilasciato una dichiarazione tesa a sollevare le responsabilità del suo governo: “Pensiamo che questa sia una buona opportunità per lavorare insieme per i due paesi”.

Il comando militare turco ha “ammassato” durante le scorse settimane circa 100.000 uomini lungo il confine con il Kurdistan iracheno, aggiungendo qualche migliaia di soldati a quelli che erano già presenti sul posto. Il nuovo contingente può contare anche sull’appoggio aereo dei cacciabombardieri F-16 e di carro-armati ed elicotteri. I ribelli separatisti del Pkk possono contare su circa 3.000 uomini, la disparità di forze in campo è quindi pesantemente sbilanciata in favore della Turchia.

La contesa armata tra le due nazioni si è aggravata non poco quando il Congresso Usa (a maggioranza democratica) ha approvato una legge che considerava il massacro degli armeni da parte del Impero Ottomano nel 1915 come un genocidio. Questo chiaramente avrebbe pesanti conseguenze per l’attuale esecutivo di Ankara sia sul piano politico (in un momento storico in cui il paese sta tentando di entrare a far parte attiva delle Comunità Europea) sia su quello strategico, dal momento che la Turchia contiene al suo interno una considerevole quantità di curdi e di armeni.