Destano fortissime preoccupazioni le nuove linee guida emanate durante l’emergenza dell’epidemia da covid-19 dal governo della Catalogna rivolte al personale sanitario impiegato nelle ambulanze. Le direttive infatti scoraggiano le cosiddette “cure invasive” per gli ultraottuagenari contagiati dal coronavirus, che presentano patologie pregresse e viene quindi raccomandato di limitare lo sforzo terapeutico per i pazienti con sospetto covid-19 e insufficienza respiratoria acuta.
Le conseguenze pratiche di tali indicazioni consistono perciò nel non intubare le persone ultra-ottantenni e indirizzare le cure verso i pazienti più giovani che avrebbero più probabilità di sopravvivere. Si suggerisce dunque di non ricorrere al ricovero negli ospedali, già saturi, ma di “morire in casa propria”, con l’aiuto dei parenti più prossimi.
Non tutti i reparti di terapia intensiva sono dotati di respiratori e nemmeno sono sufficienti i posti nelle unità di terapie intensive in un Paese come la Spagna in cui il propagarsi dell’epidemia è altamente preoccupante: secondo gli ultimi dati si registrano oltre 9.000 decessi e più di 100.000 contagi. Le regioni più colpite sono quelle della Catalogna e di Madrid e si teme possa presto arrivare al collasso del sistema sanitario.
Tuttavia le reazioni da parte dell’opinione pubblica e della classe medica sul “Protocollo del Servizio di emergenza” catalano non si sono fatte attendere, tanto che il ministro della sanità della Catalogna, Alba Vergés, si è vista poi costretta a correre ai ripari e a dichiarare che “i criteri clinici per le persone prevalgono sempre”, ribadendo che “è necessario definire caso per caso in quanto ogni persona è differente”. Inoltre, riporta la stampa spagnola, per la Vergés “non ci sono malattie, ma ci sono persone con malattie” e afferma “stiamo assistendo a diverse realtà relativamente a questa patologia. A 93 anni si può sconfiggere questa malattia, come abbiamo già visto in un caso”.