Appendino indagata, “tu quoque, procurator, fili mi?”
17 Ottobre 2017
E così, anche Chiara Appendino, sindaco simbolo, fino a qualche tempo fa, del buon governo a 5 stelle (almeno prima degli incidenti di Piazza San Carlo del giugno scorso, durante la finale di Champions), è indagata. Falso ideologico in atto pubblico. Con lei sono sotto inchiesta il capo di Gabinetto Paolo Giordana e l’assessore al Bilancio Sergio Rolando, a causa di un debito di 5 milioni di euro – contratto dall’amministrazione precedente – che avrebbe dovuto essere riportato in bilancio dalla nuova giunta, e che invece è scomparso dalla contabilità.
Non lo diciamo con il compiacimento un po’ peloso di chi sottintende: eccoli qui, anche loro come tutti gli altri. Non pensiamo che i politici siano “tutti uguali”, e riteniamo che alimentare il sentimento anticasta, come fanno e hanno fatto tanti, a partire dal Corriere, sia un’operazione distraente e sbagliata. Ma è evidente che ogni volta che l’arma del giustizialismo, brandita spesso con una pericolosa, talvolta inconsapevole (ma l’inconsapevolezza moltiplica il rischio), indifferenza per i delicati equilibri della democrazia, colpisce gli stessi che la utilizzano, un filo di soddisfazione c’è.
Perché si spera che anche chi affiderebbe alle procure la selezione dell’intera classe dirigente e qualunque scelta politica, quando viene direttamente colpito e si rende conto degli effetti concreti delle proprie posizioni, abbia un sussulto di ripensamento, inizi a nutrire un dubbio.
Per un amministratore, il rispetto di regole sempre più complesse e farraginose, sempre più astruse e indecifrabili, è già un freno e un problema: ma anche chi rispetta le procedure alla lettera, col rischio della paralisi amministrativa, non è mai veramente al sicuro.
E succede che la Appendino, come anche gli altri indagati 5 stelle, risponda alle domande della stampa come tutti i politici, con il classico “sono serena, pieno rispetto per la magistratura, pronta a collaborare con i pm”, ecc ecc. E qualche grillino, qua e là, rilancia persino l’accusa, nemmeno troppo velata (vedi la Sicilia e il caso Bagheria), di indagini costruite ad hoc, notizie ad orologeria, macchina del fango ecc. ecc.
Si va avanti con i distinguo, con le assicurazioni sul codice di comportamento che non è mai cambiato, con le regole interne date da Beppe Grillo sempre rispettate… ma glielo leggi in faccia, ai grillini, che nel loro cuore lamentano: ma come, tu quoque, procurator, fili mi?