Archiviato ‘l’affaire WSJ’ ci si prepara al piano autunnale contro il debito
09 Agosto 2012
“Noi del Pdl siamo gente seria e positiva che pensa all’interessa del Paese. La vicenda legata alle dichiarazioni di Monti sullo spread è chiusa”. Lo ha affermato il segretario del Pdl Angelino Alfano, a seguito dell’incontro tenutosi a Palazzo Chigi con il presidente del Consiglio Mario Monti nel pomeriggio di mercoledì. Ci si riferisce, evidentemente, all’intervista del premier rilasciata al Wall Street Journal nel mese scorso ma pubblicata nella versione on line del quotidiano statunitense solo nella giornata di martedì. Monti, per chi avesse perduto qualche puntata, aveva dichiarato che, se fosse ancora in carica il precedente governo (Berlusconi, ndr), “lo spread sarebbe a 1200 punti o qualcosa di simile”.
Pace fatta, quindi? Sarebbe più corretto definirla tregua agostana, nella misura in cui – nel corso del vertice di martedì sera a Palazzo Grazioli tra Berlusconi e lo stato maggiore del partito – si sono manifestati chiari, tanto per utilizzare un eufemismo, i mugugni di gran parte dei dirigenti pidiellini (ex An in testa) circa il sostegno al governo. Lamentele placate dallo stesso Berlusconi: "E’ stato frainteso (Monti, ndr), capita. E’ successo anche a me", avrebbe detto il Cavaliere ai suoi colonnelli.
Ed è proprio nel solco di una tregua estiva che si stagliano, al riguardo, le dichiarazioni del capogruppo del Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto: “Diciamo che, dallo scontro di questi giorni, si è passati a una tregua perché c’è stata un’apertura che a parole è significativa”. Ed ancora: “Ora, però, bisognerà guardare ai fatti”.
Già, i fatti. Nel faccia a faccia di mercoledì a Palazzo Chigi, Alfano ha illustrato al premier la proposta del Pdl per abbattere il debito pubblico. Piano già presentato la scorsa settimana in una conferenza stampa nelle sede romana del partito di Via dell’Umiltà. Una sorta di "scudo anti-spread italiano", un fondo al quale conferire beni immobili e alcuni beni mobili in grado di valorizzare i beni patrimoniali pubblici. Terapia choc (da 400 miliardi, ndr), secondo il Corriere della Sera di oggi, tuttavia – secondo il segretario pidiellino – in grado di portare il rapporto debito/Pil sotto quota 100% (ora è al 123%).
Monti, attraverso una nota diramata da Palazzo Chigi, ha espresso “apprezzamento per la volontà del Pdl di collaborare per mettere a fuoco tempi e modi delle dismissioni di una parte del patrimonio pubblico”. L’ultima parte di legislatura (e di governo tecnico) dovrebbe dunque incentrarsi su una serie di misure di aggressione all’enorme debito pubblico accumulato dall’Italia nel corso dei decenni.
Il premier, però, sembrerebbe più propenso – in base a quanto riportato dai principali quotidiani italiani – a prendere in considerazione la proposta di Giuliano Amato e Franco Bassanini (pari a 178 miliardi): stock del debito pubblico italiano in sicurezza nel 2017 ed entro la soglia del 100% sul Pil nel 2020. Come? Mediante alcune mosse. Nell’ordine: vendita di immobili, valorizzazione delle concessioni, imposizione agli enti previdenziali dei professionisti di aumentare gli investimenti in titoli di Stato ed incentivi e disincentivi fiscali per l’allungamento delle scadenze del debito; secco no a patrimoniale e alla cessione dei cosiddetti ‘gioielli di Stato’: Eni, Enel e Finmeccanica.
Ed il Pd? Pierluigi Bersani lavora a liberalizzazioni, patrimoniale e alla valorizzazione delle grandi aree industriali come l’Ilva e Bagnoli. Ovvero, al programma per il 2013. In tema di abbattimento del debito, però, ancora non è dato conoscere la ricetta democratica. Sulla riduzione della spesa, invece, occorre ribadire quanto già espresso dal responsabile Economia del partito Stefano Fassina: “Il Pd non taglierà ulteriormente la spesa, perché va riallocata. La spesa pubblica è infatti un fattore propulsivo dell’economia”. Per il 2013, chiaro. Una volta (ed eventualmente) a Palazzo Chigi. Sebbene da più parti, nel partito, si auspichi un endorsement dell’"agenda Monti" anche dopo Monti.
Sul fronte della riforma legge elettorale, infine, tutto (o quasi) tace. Eccetto per un’intervista concessa da Luciano Violante al Corriere della Sera: “Tra settembre e ottobre si farà”, ha dichiarato l’ex presidente della Camera a Daria Gorodisky. “Ripartizione dei seggi tra collegi e listini circoscrizionali” con un unico dilemma ancora da sciogliere: premio di maggioranza al partito o alla coalizione vincente. Insomma, non rimane che aspettare l’autunno anche per comprendere con quale sistema andremo a votare nella prossima primavera.