Assad, il massacro in Siria e il lungo silenzio dei Fratelli musulmani

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Assad, il massacro in Siria e il lungo silenzio dei Fratelli musulmani

17 Marzo 2012

E’ passato più di un anno dalle prime manifestazioni da piazza in Siria. Secondo le varie agenzie onusiane che operano e monitorano la Siria, sinora 8000 mila persone sarebbero morte negli scontri che hanno opposto dapprima semplici manifestanti di Homs alla forze di sicurezza di Damasco e successivamente, con l’intensificarsi dell’efferatezza delle forze centrali e l’emergere delle prime defezioni, tra la ‘Free Syrian Army’ e l’esercito regolare siriano sotto il comando del presidente Bashar al-Assad. Senza perdersi in macabre contabilità, quella siriana è una vera e propria carneficina, di quelle a bassa intensità ma costanti, come il nascere del giorno e della notte.

Da un anno l’Occidente – Stati Uniti ed Europa in particolare – si strappa le vesti, richiamando il dittatore siriano al rispetto dei diritti umani, nascondendosi dietro le due ‘bestie nere’ del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, Russia e Cina, i cui governi per ragioni diverse si oppongono a uno scenario ‘Libia’ per la Siria (un timore quello sino-russo forse non proprio infondato visto le spinte centrifughe che nel dopo-Gheddafi i libici stanno affrontando).

Nella grande messa in scena internazionale sulla questione siriana, c’è però il solito grande assente: il mondo arabo e i suoi governi. L’anno appena trascorso è stato un anno decisivo, che ha cambiato alla radice il volto del Medio Oriente (vedremo nel medio-lungo periodo in che modo). Egitto, Libia, Tunisia, Marocco, le società civili del mondo arabo si sono risvegliate e il grande fiume dell’umana tensione alla libertà ha ripreso a scorrere. Piazza Tahrir, nel centro de Il Cairo, è ormai un simbolo della contemporaneità. Eppure nonostante i siriani ambiscano allo stesso genere di regime change a cui hanno ambito nelle proprie città i tunisini, gli egiziani e i libici, la Siria sconta – e non si capisce perché – una letterale eccezionalità.

Gli aneli libertari e anti-dittatoriali siriani sembrano figli di un dio minore. Eppure i siriani, a stragrande maggioranza, sono musulmani. Dov’è finita la fratellanza tra musulmani? E quella con la la ‘F’ maiuscola che già ha molto sofferto sotto la repressione del 1982 di Assad padre? A parte qualche dichiarazione di indignazione da parte della branca giordana della Fratellanza non si è sentito molto.

Non meritano forse i siriani uccisi qualche segno di quella ‘fratellanza’ chiassosa e spesso violenza che altri musulmani ricevono – spesso a torto pensiamo noi – da parte di bei segmenti della politica araba quando, tanto per dire, un vignettista danese decide di rappresentare quello che per i musulmani è il profeta del loro dio, oppure quando dei corani vanno al rogo accidentalmente in Afghanistan, dopo esser stati allegramente violati e usati come ‘pizzini’ da carcerati musulmani talebani?

E ancora: si pensi a come la pretesa uccisione da parte israeliana del bambino palestinese Muhamad al-Dura, rivelatosi poi una colossale panzana – con il bambino mostrato vivo nel video di Philippe Karsenty – , abbia finito con lo scatenare la seconda intifada nel 2000, un conflitto che ha fatto più di sei mila morti, e questo perché un bambino sembrava morto e un ebreo, il premier israeliano Ariel Sharon, passeggiava sulla Spianata delle moschee. Però, c’è il però, ottomila morti in un anno uccisi come formiche dall’esercito di Damasco non bastano a far ripartire il circo di piazza Tahrir e a indignare le masse musulmane del mondo. Perché?

Un paio di giorni fa, dopo che persino l’Italia ha deciso di chiudere l’ambasciata di Damasco in segno di protesta per l’atteggiamento inconciliabile del presidente siriano Assad di fronte alla mediazione dell’ex segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, special envoy per la Siria, i governi di Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Bahrain, Oman, Qatar e Kuwait hanno chiuso i propri presidi diplomatici nella capitale siriana. In una regione dove la religione, quella islamica, gioca sempre più un ruolo di grande importanza (e strumentalità) nella pubblica piazza, il fatto che pochi Fratelli si spendano per i siriani, è una buona indicazione delle reali motivazioni di certe sparate della Fratellanza su altri temi.

L’egiziano Hasan al-Banna, uno dei fondatori della Fratellanza musulmana negli anni ’30 del secolo scorso, nei suoi scritti fece il decalogo degli obiettivi che il movimento avrebbe dovuto raggiungere; tra gli altri c’era anche quello di riportare la parola del profeta maometto nell’ex-Andalusia araba, oggi Spagna, Portogallo, Sud della Francia e in Italia. A guardare quello che accade in Siria e l’immobilismo dimostrato mentre parliamo dal ‘suo’ movimento di fronte all’eccidio delle genti musulmane nella vicina Siria, c’è da pensare che certi obiettivi fossero decisamente fuori portata.