Assange: la Cia ha dichiarato guerra a chi racconta la verità
26 Aprile 2017
Nel suo primo discorso da direttore della Cia, Mike Pompeo ha scelto di dichiarare guerra alla libertà di parola invece che ai reali avversari degli Stati Uniti. Se l’è presa con WikiLeaks, dove lavoro come editor, definendola “un servizio di intelligence non statale ostile”. Nella visione del mondo di Pompeo, dire la verità sull’Amministrazione può essere un crimine – come ha sottolineato subito l’attorney general Jeff Sessions quando ha descritto il mio arresto come una “priorità”. Le agenzie di stampa hanno riportato che le autorità federali stanno valutando se incriminare alcuni membri di WikiLeaks, includendo eventualmente la cospirazione, il furto di proprietà governative e la violazione della legge sullo spionaggio.
Fare dichiarazioni del genere per soffocare altri discorsi è una reazione alla prima pubblicazione della serie iniziale di “Vault 7”, diffusa da WikiLeaks. Vault 7 ha iniziato a pubblicare le prove sulla sorprendente incompetenza della Cia e su altre carenze dell’Agenzia. Questo discorso comprende la creazione, da parte della Cia, con un costo di miliardi di dollari per le tasche dei contribuenti americani, di un intero arsenale di virus cibernetici e di programmi di hackeraggio – dei quali l’Agenzia ha subito perso il controllo, cercando poi di coprire quella perdita. Le pubblicazioni di WikiLeaks hanno anche rivelato gli sforzi compiuti dalla Cia per infettare con dei virus informatici prodotti universali e automobili destinati ai cittadini e consumatori.
Quando il direttore della Cia, un funzionario pubblico non eletto, demonizza pubblicamente un editore come WikiLeaks definendolo “imbroglione”, “codardo” e “nemico”, sta mettendo sull’avviso tutti i giornalisti, o dovrebbe farlo. L’argomentazione successiva di Pompeo – non supportata dai fatti – che WikiLeaks sarebbe “un servizio di intelligence non statale ostile” è una pugnalata puntata al diritto costituzionale di ricevere informazioni oneste sul proprio governo. Questa accusa rispecchia i tentativi fatti dai burocrati nel corso della storia quando, senza riuscirci, hanno cercato di criminalizzare interventi che rivelavano i loro stessi fallimenti.
Il presidente Theodore Roosevelt comprese il pericolo di cedere a “quelle persone stupide e traditrici che si sforzano di rendere un crimine il dire la verità sulla Amministrazione, quando questa Amministrazione è colpevole di incompetenza o di altre carenze”. Questo “sforzo è esso stesso un reato contro la nazione”, scrisse Roosevelt. Il presidente Trump e i suoi funzionari dovrebbero tenere conto di questi consigli.
Le parole hanno un peso e suppongo che Pompeo lo comprenda quando dice “a Julian Assange non spettano le libertà garantite dal Primo Emendamento. E’ seduto in una ambasciata di Londra. Non è un cittadino americano”. Da un punto di vista giuridico, la dichiarazione di Pompeo è semplicemente falsa. Questa dichiarazione mette in rilievo solo quanto sia pericoloso che un funzionario non eletto, il cui lavoro nell’Agenzia è radicato nella menzogna e nel depistaggio, si ritrovi ad essere il solo arbitro della verità e interprete della Costituzione.
Pompeo ha dimostrato anche una notevole mancanza di ironia quando ha suggerito che WikiLeaks dovrebbe “concentrarsi piuttosto sui regimi autocratici di questo mondo, che davvero sopprimono la libertà di parola e il dissenso” – nonostante sia proprio il capo della Cia a chiedere una repressione di certi discorsi. Del resto Pompeo si trova nella sgradevole compagnia di Recep Tayyip Erdogan della Turchia (257.934 documenti pubblicati da WikiLeaks), di Bashar al-Assad della Siria (2,3 milioni di documenti), e della dittatura in Arabia Saudita (122.609 documenti), solo per citare alcuni che hanno cercato di censurare WikiLeaks e hanno fallito.
Un tempo Pompeo era un fan di WikiLeaks. Il 24 luglio scorso, uno schierato politico Pompeo twittava gongolante: “C’è ancora bisogno di prove per capire che la manipolazione veniva da Obama? BECCATO: 19,252 email del DCN divulgate da WikiLeaks”***. A Pompeo piaceva WikiLeaks quando lui percepiva che il materiale pubblicato rivelava le carenze dei suoi rivali politici (i Democratici, ndr). Solo quando le nostre pubblicazioni hanno toccato il piatto riservato a Pompeo allora WikiLeaks è diventata il suo bersaglio. In seguito Pompeo ha cancellato quel tweet, ma adesso sta imparando che nell’era digitale la verità è difficile da nascondere. Uno non può un giorno amare la verità e il successivo cercare di sopprimerla e di mettere in galera chi la pubblica.
Come candidato, Trump ha twittato: “Una raccolta davvero scarsa quella fatta dai media disonesti sulle incredibili informazioni fornite da WikiLeaks!”. Il presidente ha menzionato 164 volte WikiLeaks nell’ultimo mese della campagna elettorale, sgorgando in un “Io amo WikiLeaks”.
Tutti i governi democratici sono gestiti da esseri umani imperfetti. E le autocrazie sono qualcosa di molto peggio – quello del “dittatore buono” è solo un mito. Questi esseri umani, siano democratici o degli autocrati, fanno degli errori, commettono dei crimini e spesso servono se stessi invece che i loro Paesi. Sono loro ad essere al centro delle pubblicazioni di WikiLeaks.
La “Dottrina Pompeo”, per come si è articolata nelle sue dichiarazioni, mette in trappola tutte le più importanti organizzazioni di news e investigative sui diritti umani, da ProPublica ad Amnesty International passando per Human Rights Watch. La logica per cui WikiLeaks o queste organizzazioni sarebbero in qualche modo delle “agenzie di intelligence” è altrettanto assurda quanto potrebbe essere dire che la Cia è un organo di stampa. Sia i giornalisti che gli agenti della intelligence coltivano e proteggono le loro fonti, raccolgono informazioni e scrivono dei report, ma le somiglianze finiscono qui. Il mondo non può permettersi, e la Costituzione non lo permette, che venga messa la museruola sul lavoro fatto da organizzazioni trasparenti per informare il pubblico americano e quello globale.
Questioni fondamentali come la libertà di parola e la libertà di stampa, e l’interazione tra libertà e sicurezza, risalgono alla fondazione della Repubblica. Coloro che credono nella persecuzione e nella soppressione della verità per raggiungere i loro interessi di parrocchia sono destinati inevitabilmente ad essere dimenticati dalla Storia. In una lotta leale, come ha osservato John Milton, la verità vince sempre.
Tratto da Washington Post
Titolo originale Julian Assange: The CIA director is waging war on truth-tellers like WikiLeaks
***Assange fa riferimento al materiale sul Comitato elettorale dei Democratici (DNC) divulgato da WikiLeaks durante la campagna elettorale. Nei documenti si capiva chiaramente come i vertici del partito cercassero di fare le scarpe al rivale di Hillary, il senatore Bernie Sanders. La pubblicazione dei materiali da parte di WikiLeaks portò alle dimissioni della presidente del DNC, vicina alla Clinton.
(A cura di Roberto Santoro)