Assassinio Kim-Jong-nam, spunta il video dell’aggressione. Quattro le persone arrestate e quattro ricercate
20 Febbraio 2017
Lunedì 13 febbraio, aeroporto di Kuala Lumpur. Due donne si avvicinano ad un uomo con un vestito celeste e zaino in spalla. Una delle due lo trattiene dalle spalle, mentre l’altra gli spruzza in faccia lo spray con la sostanza tossica. L’uomo, sotto shock, si rivolge alle guardie della sicurezza che lo portano al presidio medico dove la situazione precipita poco dopo. Sembra la sceneggiatura di un film e invece è tutto vero. È la dinamica dell’assassinio a Kim-jong-nam, fratellastro del dittatore nordcoreano Kim-Jong-un, ripresa per intero, come in un reality, dalle telecamere a circuito chiuso dello scalo aeroportuale malese.
Anche grazie alle immagini, la polizia locale è riuscita ad arrestare quattro persone di diversa nazionalità: la vietnamita Doan Thi Huong, 29 anni, Siti Aisah, 25, indonesiana, Mohamad Farid Jalaluddin, 26 anni, fidanzato dell’indonesiana, e infine Ri Jong-chol, 46, chimico nordcoreano. Mentre risultano ricercate altre quattro persone che hanno lasciato il Paese il 13 febbraio, giorno dell’omicidio. Si tratta di Ri Jae-nam, di O Jong-gil, Hing Song Hac, Rhi Ji Hyon.
Intanto è botta e risposta tra Corea del Sud e Corea del Nord. “Le indagini della polizia malese dimostrano che c’è il regime di Pyongyang dietro l’omicidio di Kim-Jong-nam” ha dichiarato il ministro sudcoreano per l’unificazione Jeong Joon-Hee. Infatti, già nei giorni scorsi, era stata ventilata l’ipotesi di un coinvolgimento diretto del regime nordcoreano. Ipotesi che ha assunto maggiore concretezza dopo le indiscrezioni sulla natura del gas nervino, il famigerato “agente Vx”, usato già in altre occasioni da sicari nordcoreani.
Ma da Pyongyang sembrano fare orecchie da mercante sulle accuse e ribattono affermando che non riconosceranno a prescindere i risultati dell’autopsia effettuata dalle autorità malesi, né tantomeno i risultati delle indagini: “Sono trascorsi sette giorni dall’incidente, ma non ci sono prove chiare delle cause della morte e al momento non possiamo fidarci dell’inchiesta della polizia malaysiana” ha affermato l’ambasciatore di Pyongyang in Malesia. Dichiarazioni che hanno suscitato l’ira del ministro degli esteri malese che ha richiamato il proprio rappresentante diplomatico in Nord Corea.
Insomma, una vicenda che ha assunto tutti i contorni di un caso diplomatico. Non solo. Se si pensa che l’indonesiana arrestata, Siti Aisah, come riferisce la polizia malese, era convinta di stare partecipando ad un reality e di aver fatto anche altre volte questo tipo di scherzi con la stessa bomboletta spray ma, evidentemente, con contenuto diverso, la questione si tinge sempre più di giallo.