Assieme ai morti di Tolosa si seppellisce anche il multiculturalismo

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Assieme ai morti di Tolosa si seppellisce anche il multiculturalismo

24 Marzo 2012

La bella, paciosa Tolosa è stata vittima dalla razionalità astratta del multiculturalismo: non funziona in tempi di pace, figurarsi mentre si fa la guerra alla terra degli immigrati che si pretende di integrare o diventati da qualche generazione cittadini francesi ed europei. Dopo l’attacco alla scuola ebraica, subito a parlare del passato che ritorna, dell’antisemitismo francese, anzi europeo, del male oscuro dell’Europa, del dovere della memoria.

I responsabili erano certamente neonazisti, nipotini di Hitler, il principe del male assoluto. Un nuovo Breivik sarebbe stato perfetto. Invece, il responsabile è un ragazzo francese di origine algerina, Mohamed Merah, che non viveva neppure nelle banlieue, ma in quartiere piuttosto decoroso, un ragazzo dai cento volti, l’ha definito Le Monde. Quando si è saputo che non era un nuovo Breivik, ma un musulmano, forse un maghrebino, allora era un “alqaidista”, era stato in Pakistan, in Afganistan, era fuggito con altri talebani dal carcere di Kandahar: e  giù a strillare sulla nuova strategia di al Qaida per l’Europa. Anche se al Qaida, lo sappiamo tutti, è solo un logo, e dopo l’uccisione di bin Laden, Obama dixit, completamente defunta.

Le cose sono andate forse in un modo diverso da quello ufficiale, come fanno capire Le Monde, Le Point e Il Foglio, che ha sentito fonti dell’intelligence francese. L’uccisione di soldati ed ebrei di Tolosa sarebbe solo un azione di servizi segreti francesi finita male. Merah sarebbe stato un agente doppio, al servizio dei francesi e del terrorismo jihadista, nel quale a un certo punto ha avuto il sopravvento il mujaheddin nascosto in lui: ha ucciso chi aveva ucciso i suoi “fratelli”, ed è morto crivellato di colpi, come ha rivelato l’autopsia, ma con le armi in pugno, combattendo come un mujaheddin, come desiderava.

Questo è il lato oscuro del multiculturalismo, quello che teorizzato da Kipling, l’inventore dello spionaggio moderno britannico e americano: creare degli ibridi, facilmente infiltrabili nelle file nemiche e utilissimi durante il grande gioco di fine Ottocento in Afghanistan. Il grande gioco è ricominciato da anni in Medioriente e in Afganistan per il controllo dell’Asia. La storia di Merah – scrive Daniele Rainieri – sul Foglio è simile a quella dell’informatore dei servizi segreti giordani passato a quelli americani, che col pretesto di dare informazione sul al Qaida nel dicembre del 2009 fece saltare in aria sette agenti della Cia in una base dell’intelligence statunitense.

In questo caso Merah sarebbe una vittima del multiculturalismo e del suo lato più oscuro. Il risultato dell’irrazionalità allo stato puro, di una civilizzazione che si crede onnipotente, convinta di persuadere il dono di fare perdere la memoria, le radici e di trasformare tutti in cittadini di un Occidente planetario, tutti d’amore e d’accordo, come nella pubblicità degli United Colors Benetton. È probabile sia andata come affermano il Foglio, Le Monde e Le Point. Qualche giorno fa, però, un eroe americano, un veterano dell’Iraq pluridecorato, a Kandahar ha ucciso 17 donne e bambini e ne ha bruciato i corpi. Ha avuto un raptus notturno, in guerra accadono queste cose, ha detto Panetta.

Non ci sarebbe neppure da stupirsi se Merah non fosse un doppio agente, ma un ragazzo confuso, come i giovani suicidi dell’attentato del 7 luglio 2005 alla metropolitana Londra, che uccisero  per protestare contro la guerra in Iraq e in Afghanistan. Siamo davvero sicuri che tutto il male venga solo dal maledetto Islam, dal Corano, come avrebbe detto Oriana Fallaci? E come avrebbe reagito l’Oriana furiosa, se mentre viveva a New York, agli americani fosse venuto in mente di bombardare Firenze? A Oriana davano fastidio gli arabi a Firenze, cosa avrebbe fatto se Firenze fosse stata bombardata, mentre si trovava a New York, città multietnica, dove si trovava tanto bene? E perché, se le piaceva tanto l’America multietnica, non voleva Firenze multietnica? Questo Oriana non ce l’ha mai spiegato.

Qualche giorno fa su La Stampa, Emanuele Parsi, vicino alle posizioni di Oriana Fallaci, si è chiesto se abbia ancora senso stare in Afghanistan e non fosse più razionale ritirarsi prima possibile. Il ragionamento di Parsi non fa una piega: non si sa più perché si sta in Afghanistan. Gli obiettivi sono cambiati continuamente: prima occorreva abbattere il regime dei talebani, al Qaeda, catturare bin Laden, poi portare la democrazia agli afghani, combattere la corruzione, ma nel frattempo bin Laden è morto e al Qaeda è stata  debellata. Perché dunque restiamo in Aghanistan?

In realtà, gli americani e la Nato continuano a stare in Afghanistan, pronti a negoziare con i talebani e il mullah Omar, per ottenere delle basi in Afghanistan. Perché l’obiettivo della guerra non è mai stato bin Laden o al Qaeda, ma impiantare basi in Afghanistan per controllare la zona caucasica e l’Asia, insomma, il vecchio Grande Gioco. Così l’obiettivo della guerra in Iraq non era eliminare le armi di distruzione di massa di Saddam, difendere Israele, ma il petrolio e le basi. Anche Israele è una vittima della guerra per l’impero planetario americano.

Le guerre contro gli arabi si fanno sempre per difendere Israele dai musulmani che vorrebbero distruggerla e il riferimento al Gran Muftì di Gerusalemme alleato di Hitler è d’obbligo. In realtà, come sappiamo, gli arabi si allearono con l’Asse durante la seconda guerra mondiale soprattutto per liberarsi dagli inglesi. L’ostilità del mondo arabo per Israele non nasce dall’antisemitismo, ma dal fatto che Israele è stato percepito come un cuneo infiltrato in Palestina dagli Stati Uniti e dalle vecchie potenze coloniali come Inghilterra e Francia per controllare il Medioriente e assicurarsi la sua ricchezza principale: il petrolio. La crisi di Suez del 1956 è paradigmatica: vide Francia, Israele e Inghilterra occupare il Canale di Suez e l’opposizione dell’Egitto.

Israele ha deciso di essere il braccio armato dell’Occidente contro gli arabi e si è chiaramente messa in pericolo. Aveva un grande leader, Rabin, che aveva combattuto gli arabi ed era determinato a fare la pace con i palestinesi, ma Rabin fu ucciso dalla destra religiosa e con lui fu sepolto ogni disegno di pace o di convivenza pacifica con gli arabi. È corretto usare la Shoah per legittimare il diritto di Israele ad attaccare i popoli vicini ed anche ad attaccare l’Iran? La Shoah ha anche cambiato l’identità ebraica, e questo lo abbiamo visto anche a Tolosa dopo l’attacco alla scuola ebraica.

Gli ebrei ora sono tutti figli della Shoah e  la loro patria è ormai Israele. I bimbi uccisi da Mehar avevano tutti passaporto francese e israeliano e così il rabbino venuto da Israele. I corpi degli ebrei uccisi a Tolosa sono stati portati per la sepoltura a Gerusalemme, seguiti da molti parenti, come un ritorno alla vera patria. Gli ebrei francesi sono scesi per le strade avvolti nelle bandiere israeliane, non in quelle francesi. Anche in Italia, quando gli ebrei vogliono protestare, si avvolgono nelle bandiere israeliane, non in quelle italiane, per sottolineare che la loro patria è Israele.

È strano che nella laicissima Francia bimbi ebrei andassero alla scuola ebraica e non a quella pubblica francese, ma anche in Italia vi sono scuole ebraiche e il fine di esse, come per quella di Milano, è “impartire un insegnamento tale da permettere agli allievi di conoscere le radici della loro cultura di appartenenza e di acquistare consapevolezza della loro identità”. Paradossalmente una delle accuse più frequenti rivolte dagli ebrei alle leggi razziali fasciste era stata l’espulsione degli ebrei dalla scuole e università pubbliche italiane. Questo sembra sanzionare il fallimento della teoria dell’integrazione. C’è solo da sperare che le nostre città non diventino la striscia di Gaza.