Assistenza sanitaria ai Parlamentari dello stesso sesso. Non serve agli italiani
15 Maggio 2013
di Pino Scanzi
Che Ivan Scalfarotto sia riuscito a trovare una convergenza tra Pd, Pdl e Sel sull’assistenza sanitaria ai conviventi dello stesso stesso, conviventi di chi siede in Parlamento, sarebbe già una notizia. Solo la Lega ha detto un NO chiaro, Fratelli d’Italia e Scelta Civica e anche i grillini hanno preferito astenersi. Vendola ha specificato che "E’ un diritto che spetta a tutti gli italiani" e Scalfarotto ha promesso che andrà avanti con un provvedimento contro l’omofobia.
A dirsi soddisfatta anche l’ex parlamentare Pd, Anna Paola Concia: "La differenza l’ha fatta un ufficio di presidenza a maggioranza progressista diverso da quello della scorsa legislatura che invece era a maggioranza conservatrice. Sono contenta perché la mia battaglia non è stata inutile". "Adesso bisogna fare il passo decisivo: visto che c’è una maggioranza progressista mi aspetto che questo Parlamento stabilisca il principio di uguaglianza per le coppie omosessuali anche fuori dal Parlamento". Per la serie moderati al traguardo.
Al di la dei tentennamenti grillini sull’odor di privilegio della casta che sale dal provvedimento sulla assistenza sanitaria per i parlamentari, in realtà dovremmo riflettere sulle mosse del Pd. Prima la proposta del ministro Kyenge sulla cittadinanza, adesso l’assistenza sanitaria per le coppie dello stesso sesso. Ma i piddini e i vendoliani l’hanno capito perché hanno perso le elezioni? Davvero agli italiani inseguiti da Equitalia, senza lavoro, esodati e cassintegrati, interessa che passino provvedimenti "storici" come quello di Scalfarotto?
In Abruzzo, Paola Concia alle ultime elezioni è rimasta fuori dal Parlamento. Eppure il suo partito continua a ostinarsi su temi e battaglie di principio che oggi come oggi appaiono piuttosto avulse dalla realtà. Un universalismo che si scontra con la materialità dei fatti.