AstraZeneca e gli altri: Londra, la UE e la geopolitica vaccinale
17 Marzo 2021
Serafico, il titolare del Ministero della Sanità britannico, Matt Hancock, ha affermato che “non ci sono ragioni per sospendere il vaccino di AstraZeneca”, iniettato a oltre 10 milioni di inglesi. Il Regno Unito ieri ha raggiunto quasi i 25 milioni di vaccini e tre quarti degli over80 dimostrano di avere sviluppato gli anticorpi anti-COVID. La campagna vaccinale va a gonfie vele, il governo ha presentato un cronoprogramma per tornare alla normalità per l’estate e continuano le ricerche scientifiche sulle nuove varianti. Insomma, sembra passato un secolo da quando un anno fa di questi giorni veniva approvato il primo lockdown e Johnson sarebbe finito di lì a poco al St.Thomas Hospital di Londra per problemi respiratori.
Di tutt’altro segno la campagna vaccinale nella rissosissima Unione Europea. AstraZeneca è stato bloccato in via precauzionale, ma c’è la sensazione che, sotto la spinta di Macron e di Mario Draghi, giovedì l’Ema ristabilirà il suo uso in barba ai tedeschi, che hanno spinto per la sua sospensione. Ieri la Presidente della Commissione UE, Ursula Von Der Leyen, ha annunciato l’acquisto di 10 milioni di nuovi vaccini Pfizer-BioNtech, una cifra che rappresenta a malapena un sesto degli abitanti dell’Italia. Per la serie: quando la pezza è peggiore del buco.
Forse l’Unione Europea è risentita per il successo degli inglesi? Nulla di più probabile visto che Usa, Israele e UK vanno avanti con AstraZeneca (azienda anglo-svedese) e che i casi di trombosi verificatisi non sono per ora attribuibili al vaccino. Con tutta probabilità conosciamo già cosa ci diranno le autorità europee: che loro sono più rigorose e preferiscono fare un controllo di più che non uno di meno. Ma la loro giustificazione non regge sul piano della logica: se l’Ema addiviene alle stesse tesi dei suoi corrispettivi americani e inglesi ma in ritardo, questo non è dovuto a una maggiore cautela ma alle lungaggini della sua burocrazia. Non è un caso che in Europa ci si vaccini poco e la campagna stia subendo contraccolpi su contraccolpi. Addirittura ora si pensa al vaccino russo, Sputnik-V, che per mesi era stato definito quasi come un impasto degno di Amelia la Fattucchiera.
Ma se tra Macron, Merkel e Draghi ci sono le logiche divergenze di opinioni di 3 rappresentanti di governi e Paesi diversi – tu pensa… – quello che più lascia perplessi è l’avere affidato la gestione dei vaccini alla Commissione, centralizzandone l’acquisto e il piano vaccinale. Tutti si ricorderanno il Vaccine Day celebrato in pompa magna il 27 dicembre 2020. Bene. A quei tempi sulle nostre tv è stato definito il piano di Johnson – partito 3 settimane prima – “populismo vaccinale”. Il che dimostra due cose. Uno, che il populismo è ormai un termine buono per ogni stagione, esattamente come “neoliberalismo” nei circoli à la page della sinistra radical-chic. Due, che questo Johnson, in fondo, tanto gonzo non è. E se lo è, non lo è molto di più tanti altri presunti competenti. Anzi.