Attenzione alla finta “beneficenza”, punta solo ad avere vantaggi fiscali
25 Agosto 2010
Lo spirito mutualistico nell’era “moderna”, come ogni fenomeno le cui origini risalgono ormai ad un mondo passato e molto diverso da quello attuale, deve probabilmente essere sottoposto ad un’opportuna azione di lifting; anche e forse soprattutto sotto il profilo fiscale.
Non c’è dubbio, infatti, che chi si limita, nell’ambito delle leggi vigenti, a ricercare la soluzione meno onerosa (anche fiscalmente meno onerosa) fra quelle offerte dall’Ordinamento, non fa altro che esercitare un proprio, legittimo, diritto.
Allo stesso tempo, però, non c’è dubbio che chi, invece, strumentalizza gli istituti giuridici per conseguire risparmi d’imposta indebiti, abusa del diritto e stravolge la ratio e lo scopo dei principi fondamentali dell’ordinamento. E questo non può essere consentito.
Anche il rapporto tra mutualità ed agevolazioni fiscali può essere del resto soggetto a tali strumentalizzazioni e caratterizzato da abuso del diritto.
Mutualistico è infatti lo scopo di fornire beni, servizi o occasioni di lavoro ai membri dell’organizzazione a condizioni più vantaggiose di quelle offerte dal mercato, laddove tali vantaggi, al fine di giustificare il corrispondente vantaggio (concorrenziale) delle agevolazioni fiscali, devono essere evidenti, reali e provati.
Al fine della tutela del principio di libera concorrenza e nell’ottica del contrasto all’abuso del diritto, ciò che prevale, del resto, non è la forma, ma la sostanza.
Se dunque una qualsiasi cooperativa, che gode delle agevolazioni fiscali per la sua asserita natura mutualistica, risultasse, in sostanza, più incline al fine di lucro che al peculiare ed esclusivo (rispetto alla clientela non socia) vantaggio sociale, agendo, in concreto, come le altre imprese dello stesso settore di concorrenza, essa godrebbe, de facto, di un illecito vantaggio competitivo, in violazione anche del principio comunitario di libera concorrenza.
In un caso del genere, infatti, la formale posizione cooperativa verrebbe solo sfruttata per non pagare le dovute tasse, oltretutto direttamente a scapito e svantaggio dei concorrenti formalmente “commerciali”.
Nelle Ordinanze n. 3030, 3031 e 3033 dell’8 febbraio 2008 la Corte Suprema ha del resto posto alla Corte di Giustizia dei quesiti puntuali ed interessanti, chiedendo in particolare:
– se le misure fiscali agevolative alle società cooperative siano compatibili con la disciplina della concorrenza e, in specie, siano qualificabili come aiuti di Stato ai sensi dell’art. 87 del Trattato CE;
– se tali agevolazioni possano comunque ritenersi proporzionate, anche in termini di alterazione della concorrenza, rispetto ai fini assegnati all’impresa cooperativa;
– se, a prescindere dalla qualificabilità delle misure agevolative come aiuto di Stato, l’utilizzazione della forma societaria cooperativa, anche all’infuori dei casi di frode o di simulazione, possa essere qualificata come abuso del diritto, ove il ricorso a tale forma avvenga allo scopo di realizzare un risparmio fiscale.
La Corte ha affrontato poi la specifica questione dell’abuso del diritto, affermando che il ricorso alla forma societaria cooperativa, ormai esteso anche a mercati di grande rilevanza, può essere considerato anche sotto il profilo dell’abuso del diritto, in particolare laddove le condizioni alle quali beni e servizi sono offerti risultano identiche a quelle praticate dalle “normali” imprese dello stesso settore.
La Corte infine spiega che “Quanto all’abuso del diritto, ove la pratica venisse considerata abusiva, il risultato sarebbe semplicemente quello dell’inopponibilità della forma giuridica societaria cooperativa all’amministrazione finanziaria, la quale potrebbe pretendere l’osservanza della disciplina fiscale ordinaria applicabile alle società”.