Aubry vince, Ségo perde e i socialisti francesi si dividono più che mai
24 Novembre 2008
Martine Delors, sposata in prime nozze con Xavier Aubry, dovrebbe essere il nuovo segretario del Partito Socialista francese. Dovrebbe, perché la sua concorrente Segolène Royal, detta Segò, ha perso per 42 voti (67413 contro 67371) e quindi, come nelle migliori tradizioni, contesta il risultato e chiede di… rigiocare la partita. La direzione del Partito, guidata da François Hollande, l’ex compagno di Segò, deciderà martedì prossimo. Le previsioni dicono che Martine sarà confermata Primo Segretario del Partito.
Martine ha scelto di chiamarsi Aubry e non Delors, forse per non apparire una figlia d’arte, visto che è la discendente diretta di un grande personaggio della politica francese ed europea. Numero due di Lionel Jospin, ultimo Primo Ministro socialista francese, è stata ministro del Lavoro e madre della Legge sulle 35 ore, tuttora largamente discussa in Francia e nel mondo. Viene dall’ENA – l’Ecole nationale d’administration, come la Segò e Hollande. Di lei un dirigente socialista ha detto che è dura e competente come il padre, ma un po’ più… virile.
Lei si schernisce: dice di essere semplicemente esigente, forse perfezionista, una donna di azione e di azienda (è stata anche la numero due del gruppo siderurgico Pechiney), con forti motivazioni sociali che le vengono dalle sue convinzioni ideologiche e dalla matrice cattolica. Sa ridere e dice che se uno non è allegro e simpatico non può lavorare con lei. A differenza di Segò, la Aubry lavora sempre in gruppo e matura le decisioni solo dopo riflessioni non improvvisate.
Il suo slogan: “cambiare a sinistra per cambiare la Francia”. Quindi nessun equivoco. Non farà l’occhietto al centro di Bayrou né cercherà compromessi con il “sistema” Sarkozy. Se mai proverà a ripetere il miracolo Mitterand, unificando al massimo la sinistra, sfidando la destra, ignorando o trascurando il centro: esattamente l’opposto di quello che voleva e vuole fare la Royal.
Cosa succederà adesso? In Italia abbiamo vissuto qualcosa di analogo con la sfida Prodi-Aubry e Veltroni-Royal. Quindi potremmo dire ai francesi che un film simile l’abbiamo già visto e che sappiamo come va a finire. Ma, al di là di paragoni che possono essere fuori luogo, l’aritmetica non sembra dar ragione alle due donne. Posto che si vince solo con il 50 e qualcosa per cento, come avrebbe dovuto capire anche Segò, i conti per il PS, a bocce ferme, non tornano. Il centro e la sinistra non socialista prendono circa il 20 per cento dei voti. I socialisti, comunque la girino, dovrebbero avere attorno al 40 per cento degli elettori, alleandosi o con gli uni o con gli altri. Nel migliore dei casi ne hanno il 30 per cento (Jospin non arrivò al 20) e potrebbero pensare di spuntarla solo con qualche traffico attorno al sistema elettorale maggioritario.
Sarkozy è riuscito a ridurre quasi a nulla l’estrema destra. Ha unificato la destra che restava e oggi ha la maggioranza del Paese. Non solo, si è lanciato in una serie di scorribande all’interno dell’area socialista, prendendo alcuni dei suoi avversari nella sua squadra e proponendone altri in organismi internazionali a rappresentare la Francia. La storia si ripete. Se Segò non ci fosse stata, Sarkò avrebbe dovuto inventarla. Lei è stata capace di spaccare il fronte dell’opposizione da tutte le parti, al centro, a sinistra, e soprattutto nel Partito Socialista. Quindi, nonostante i sondaggi indichino che potrebbe pagare per i suoi frequenti errori politici e di comportamento, Sarkò trarrà enorme vantaggio dalla cocciutaggine narcisistica della Royal, comunque vadano a finire le cose nel partito socialista.
Quel che è certo è che la sinistra francese deve rendersi conto che i vecchi schemi destra-sinistra, capitalismo-anticapitalismo, marxismo e liberalismo, sono superati dai fatti, dalla storia di questi ultimi cinquant’anni. La politica si misura su fatti capaci di far crescere la ricchezza, la socialità, la libertà, i diritti e i doveri: per tutti. Aubry e Royal faranno bene a riflettere sul motto della loro bandiera: “libertà, eguaglianza, fraternità”, un motto divenuto universale, al di sopra delle ideologie, che deve essere letto e interpretato nelle difficilissime situazioni di questo inizio di secolo.