Australia connection

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Australia connection

Gli australiani hanno sempre nutrito
sentimenti di profonda empatia e solidarietà con il Regno Unito, quando questo ultimo
si è trovato a dover subire le dolorose conseguenze di un attentato
terroristico sia nell’emergenza causata tra gli anni Settanta e Ottanta dal Provisional 
IRA
che nell’attuale stagione del terrorismo islamico. Molti australiani,
con amici e parenti nel Regno Unito, prediligono trascorrere un periodo di tempo
nel territorio di Sua Maestà prima di iniziare gli studi universitari o dopo
averli terminati, e ciò è pressoché un rito di passaggio per moltissimi
abitanti della terra dei canguri.

Stando così le cose, è comprensibile che i
falliti episodi terroristici di Londra e di Glasgow abbiano occupato le prime
pagine dei giornali australiani così come i titoli di apertura dei
telegiornali. Se l’Australia si è trovata a dover piangere le sue vittime,
negli attacchi terroristici di Bali del 2002 e del 2005, il territorio
metropolitano australiano non ha mai vissuto una esperienza di lotta al
terrorismo e di attentati  dinamitardi, ad  eccezione di un episodio risalente al 13 febbraio
1978, quando una bomba esplose all’esterno del Hilton Hotel a Sidney, uccidendo
tre persone. Ne seguì che, nel corso degli anni, decine di persone furono
arrestate nell’ambito della più ampia operazione di controterrorismo
investigativo mai condotta dalla polizia australiana, e denominata Operazione  Pendennis.

In passato, cittadini australiani furono coinvolti in episodi di terrorismo in Medio
Oriente, l’ultimo caso è costituito dall’arresto di 4 persone con passaporto
australiano in Libano, conclusosi poi con il rilascio di due arrestati, e con
il rinvio a giudizio per gli altri due, accusati di fiancheggiare strutture
terroristiche. L’Australia è stata indicata dalla leadership di al-Qaeda come
esplicito bersaglio da colpire poiché il governo di Canberra mantiene truppe
sia in Iraq che in Afghanistan. Con delle elezioni federali e un vertice
dell’Apec dietro l’angolo, non manca la consapevolezza della sfida lanciata
dallo spettro del terrorismo in territorio australiano e, come asseriscono
alcuni analisti, di un jiadismo decentralizzato e individualizzato.

È opinione
generale che i rischi di terrorismo nel nuovissimo continente siano minori di
quelli che corrono Stati Uniti ed Europa. E questo perché l’ambiente
socio-economico australiano tende meno a generare estremismo rispetto a quanto
accade nel Regno Unito. L’arresto a Brisbane, del 27enne medico di origine indiana
Mohammed  Haneef in relazione agli
episodi di Londra e Glasgow, evidenzia l’esistenza di un nuovo paradigma e di
un rinnovato approccio da parte dei vertici di al-Qaeda in Medio Oriente e in
Asia Centrale che sta nell’incoraggiare le cellule islamiste ad auto-gestirsi e
ad utilizzare la copertura di rispettabili professioni. E non solo, alcuni dei
sospettati hanno legami di sangue e di parentela e ciò richiama alla mente le
modalità operative dell’IRA, i cui membri erano legati tra loro da matrimoni,
contratti anche tra consanguinei.

Il panorama islamico australiano estremamente
complesso è in fase di cambiamento, e ciò parzialmente a causa dell’accresciuto
scontro della più ampia comunità con i media e il governo. Alcune sacche di
minoranza delle comunità, un tempo accusate di rappresentare gli ideali
dell’Islam radicale piuttosto che quelli dell’Islam convenzionale, denunciano
pubblicamente l’estremismo pur continuando a predicare una versione
conservatrice dell’Islam. Il successo del movimento islamista è dovuto in parte
al modo in cui la retorica di al-Qaeda si sviluppa in concomitanza alle fluide
dinamiche internazionali per mantenere la propria potenza. Al monito lanciato
dal premier australiano John Howard, che un ritiro delle truppe dall’Iraq
equivarrebbe al mettere la vittoria in mano agli estremisti, il leader
dell’opposizione, Kevin Rudd, replica che il coinvolgimento dell’Australia in
Iraq rende il paese esposto a probabili attentati terroristici. E al-Qaeda
lavora per snaturare l’uno o l’altro esito decisionale conformandolo al proprio
messaggio.

Ad ogni modo, una repentina cooperazione tra
i settori di sicurezza di Londra e Canberra costituisce la strategia più
efficace per controbattere in tempo reale alla minaccia qaidista, che assume
ormai contorni e dimensioni globali e che minaccia la sicurezza di entrambi i
paesi. Ken Jones, presidente dell’associazione britannica degli ufficiali di
polizia (APCO), è stato molto chiaro in proposito: mantenere un alto grado di
vigilanza, tra il primo (grave) e il secondo livello (critico) non
costituirebbe un problema per la polizia dei due paesi né di risorse né di
uomini. Una reciproca collaborazione permette ad esperti provenienti da unità
appositamente addestrate, come la London Metropolitan
Police, di muoversi speditamente in territorio britannico e nei paesi collegati
al Regno Unito come l’Australia, onde offrire professionalità e esperienza a
forze di polizia meno avvezze a far fronte a questo genere di emergenze.

È di
importanza capitale che tutte le organizzazioni istituzionali tanto del settore
pubblico che di quello privato, e non solamente la polizia e le agenzie di
intelligence, elaborino piani di emergenza suscettibili di metterle in grado di
gestire in modo ottimale uomini e mezzi, durante situazioni di pericolo. Ad
esempio, compagnie aeree di bandiera, come la British Airways e
l’australiana Qantas, avrebbero bisogno di un certo numero di persone di
fiducia su cui poter contare, e che siano in grado di assicurare un  livello costante di servizi: ad esempio nel
controllo bagagli,  nel  monitoraggio della sicurezza e del perimetro
aeroportuale, tanto all’interno che all’esterno delle aerostazioni. Uno staff
amministrativo addizionale sarebbe necessario per situazioni esigenti il
controllo di nominativi di coloro invitati a partecipare a conferenze, congressi
o meeting, sia all’interno del proprio spazio metropolitano che all’estero. A
lungo termine, potrebbe sorgere la necessità di ampliare l’assunzione di personale
adibito a mansioni di sicurezza e all’uopo, si dovrà anche trovare spazio per
le opportune verifiche psico-attitudinali dei soggetti chiamati a svolgere
mansioni così delicate, ed esaminare con accuratezza le loro referenze.

A settembre, Sidney ospiterà il vertice dei
capi di stato e di governo dell’Apec, il forum di cooperazione economica dell’Asia-Pacifico.
Oltre tremila poliziotti saranno in servizio, a tutela dei leader politici
presenti, e l’esercito è pronto ad intervenire in caso di emergenza. Il
problema della sicurezza, già di per sé un fastidioso grattacapo per
l’Australia, sarà in ogni caso rafforzato alla luce dell’arresto di Brisbane,
sperando che l’inizio dell’estate australiana non si riveli eccessivamente
caldo.