“Avanti con le riforme: sul Lavoro ristabilire il compromesso raggiunto con Poletti”

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“Avanti con le riforme: sul Lavoro ristabilire il compromesso raggiunto con Poletti”

“Avanti con le riforme: sul Lavoro ristabilire il compromesso raggiunto con Poletti”

27 Aprile 2014

Nuovo centrodestra sfida il presidente del Consiglio Matteo Renzi sul terreno del riformismo, a cominciare dal primo banco di prova, il decreto lavoro, martedì all’esame del Senato. “Renzi decida se il suo governo vuole essere un pochino riformista, oppure riformista fino in fondo, a cominciare dalle misure sul lavoro e proseguendo con le riforme istituzionali”, dice il coordinatore nazionale di Ncd, Gaetano Quagliariello, ieri in Liguria per la campagna elettorale.

Cominciamo da lavoro. Che cosa accadrà martedì in Senato?

Noi puntiamo a ristabilire quel compromesso su apprendistato e contratti a tempo determinato, che ci era stato chiesto dallo stesso ministro del Lavoro Giulio Poletti, e che alla Camera è stato boicottato dalla sinistra democratica. Ma se a Montecitorio il Pd gode di una maggioranza autonoma, al Senato ha bisogno dei nostri voti. Confido, dunque, che il compromesso proposto da Poletti abbia un buon esito. La verità è che Ncd rappresenta concezioni e interessi che altrimenti non avrebbero rappresentanza. Vale per il lavoro come per le altre riforme. Di certo, però, non saremo noi, che abbiamo salvato il governo da altre è più difficili crisi, a porre sul tavolo il tema di una crisi.

Subito dopo, però, sarà la volta della riforma costituzionale. Che il Cavaliere parrebbe mettere in discussione.

E’ obbligatorio migliorare il testo. Noi proporremo sei emendamenti in proposito. Pensiamo a un Senato composto, nella transizione, con un voto di secondo livello, per poi passare all’elezione con listini collegati a quelli dei consiglieri regionali. Inoltre, la presenza dei sindaci deve essere limitata, se si vuole che il Senato diventi la camera di compensazione dei legislatori. Inoltre, le Regioni non possono essere messe tutte sullo stesso piano: siamo chiari, il Molise non è la Lombardia. Sul titolo V, invece, vorremmo che la clausola di salvaguardia sia elastica e a geometria variabile, perché non è detto che ciò che va bene per la Liguria, valga lo stesso per la Campania. Infine: inseriamo in Costituzione i costi standard, per evitare i tagli lineari e comprimere la spesa statale, e una clausola di sussidiarietà rafforzata, grazie alla quale si creino società partecipate solamente laddove non vi è un concorrente privato che garantisca un’offerta più conveniente.

Pure l’Italicum pare essersi arenato al Senato.

Dopo la riforma del Senato, la maggioranza dovrà affrontare anche quella elettorale. Apportando correzioni ad alcune indiscutibili forzature: la soglia per il premio di maggioranza, che è troppo bassa, e l’intero sistema di sbarramenti che sembra fatto apposta per prendere i nostri voti senza assegnarci seggi. Una logica un po’ troppo occasionale, vista la materia che meriterebbe più ampia lungimiranza.

Ma queste riforme si faranno con o senza Berlusconi?

Siamo tornati allo stesso bivio in cui si trovò il governo Letta. E ora paghiamo l’idea che le riforme si possano fare con un patto privato, e non nelle commissioni istituzionali, come quella dei 40 che, per inciso, era arrivata già alla quarta lettura. Dobbiamo decidere se farle sulla base di uno spirito costruttivo e nell’interesse del Paese, oppure se devono essere strumento di lotta politica assoggettato alle circostanze contingenti. A mio avviso, deve essere fissato, senza alcun dubbio, che le riforme partono nel perimetro della maggioranza. Ben venga, poi, l’appoggio di Silvio Berlusconi. Ma non può essere lui l’ago della bilancia. E quello che è accaduto nelle ultime ore, mi pare dimostri il velleitarismo di un progetto di maggioranza diversa, se non antagonista, sulle riforme.

Ma ce la farete approvare un testo sul nuovo Senato, entro le europee?

Faremo il possibile. Ma se l’ottimismo mi dice di sì, la ragione mi spinge a pensare che le riforme si faranno dopo il voto. Proprio a causa della visione strumentale di cui parlavo prima.

Si riferiva a Berlusconi?

Innanzitutto a lui. E dopo le sue ultime dichiarazioni sulla Germania, mi pare sempre più chiaro che il vero riferimento del Ppe in Italia, è il Nuovo centrodestra.

(Tratto da Secolo XIX)