“Avanti sulle riforme senza Silvio? Noi ci siamo”
07 Aprile 2014
"Le riforme non sono né di Renzi né di Berlusconi e neppure del Nuovo Centrodestra. Servono all’Italia, non sono un terreno su cui si possono fare esercizi di stile o strumentalizzazioni di parte. Noi, almeno ci siamo sempre mossi così", spiega Gaetano Quagliariello, coordinatore di Ncd, ex ministro delle Riforme.
Ora che Berlusconi pensa di tirarsi fuori che succede alle riforme costituzionali e all’Italicum?
"Quando ci fu l’accordo privato tra Berlusconi e Renzi noi potevamo metterci di traverso, ma non lo abbiamo fatto. Se quell’accordo voleva metterci nell’angolo, noi lo abbiamo evitato privilegiando l’interesse generale. Non ne abbiamo mai fatto neppure una questione di poltrone, e posso dirlo con qualche credibilità visto che facevo il ministro. Sulle regole è utile e auspicabile il concorso delle opposizioni. Noi teniamo alla serietà del percorso. E vogliamo esserne la garanzia. Lo siamo stati prima, con il comitato dei saggi, dove abbiamo scongelato una discussione tra centrosinistra e centrodestra che era ingessata da anni. A maggior ragione lo saremo adesso".
Avanti senza l’ex Cavaliere, dunque?
"Noi non tifiamo per la rottura del patto. E comunque siamo in ogni caso perchè si vada avanti. La serietà non può venire meno: la Costituzione non è un mito intangibile ma è la carta fondamentale. Va trattata con rispetto".
Crede che Berlusconi romperà?
"Se si fosse pensato al Paese, si sarebbe andati avanti con il comitato dei 40, cui mancava solo un voto per poter partire. In quel caso avremmo riformato anche la forma di governo. Invece vedo un elevato tasso di strumentalità, un atteggiamento che cambia a seconda delle contingenze".
Ma questa maggioranza ha i numeri per fare da sola?
"Se si fanno le cose senza pressapochismi io credo di sì, privilegiando i contenuti rispetto agli slogan".
Su Senato e legge elettorale quali modifiche chiedete?
"Prima si deve fare la riforma del Senato. Non credo che il problema sia l’elezione diretta dei senatori. Ma questa camera deve avere una coerenza di funzione e composizione, ed essere un ente utile, non un Cnel del terzo millennio. Il nuovo Senato deve rappresentare gli interessi dei territori nel procedimento legislativo. Per questo i rappresentanti delle Regioni devono essere in numero maggiore dei sindaci, visto che i primi legiferano e i secondi amministrano. Non ci devono essere 21 nominati, e il Molise non può contare come la Lombardia. Infine, il Senato deve avere una funzione di controllo, e dunque i senatori devono fare questo mestiere a tempo pieno".
Vede il rischio che con una Camera eletta con l’Italicum e un Senato così ridimensionato, la maggioranza abbia un eccesso di poteri , ad esempio nella scelta degli organi di garanzia?
"C’è in effetti un problema di contrappesi. Per evitare questo bisogna alzare la soglia per il ballottaggio sopra il 37%. Non ho paura delle derive plebiscitarie, ma credo nell’equilibrio costituzionale. I contrappesi sono un Senato efficiente e un ruolo effettivo per i corpi intermedi. I poteri del nuovo Senato nella bozza del governo vanno bene, ma vanno resi effettivi".
Avete appena varato una lista comune per le europee con l’Udc. E un nuovo Centro? O solo un modo per superare il 4%?
"È l’esatto contrario. Qualcuno ha preso atto che il centro come spazio politico non esiste più. Siamo davanti a una leadership di sinistra che è stata sdoganata, e dunque può prendere voti anche a destra. E allo scongelamento dell’iceberg di Forza Italia che teneva insieme pulsioni diverse nel perimetro del centrodestra. Il nostro compito è ricostruire uno spazio antagonista alla sinistra e che non abbia derive populiste, protestatarie o reazionarie. L’obiettivo è recuperare una parte di quel voto che si sta scongelando".
Non rischiate un esito simile a quello di Monti?
"Nessuna tentazione terzopolista. Vogliamo riaggregare l’area liberale, cattolico-popolare e laico-riformista. Oggi è difficile una sintesi con altre forze di centrodestra, da Fi alla Lega, a partire da un tema chiave come l’euro".
Alcuni studiosi sostengono che l’elettorato ex Forza Italia sia più populista che moderato…
"Berlusconi teneva insieme anime differenti: un voto personale, uno estremo ma anche un voto moderato e riformatore. Quello personale resterà, gli altri due sono in libera uscita: noi e Renzi ci contendiamo il voto moderato e riformatore. E per ottenere questo risultato vogliamo ribadire che i nostri principi sono alternativi a quelli del Pse".
Rischiate un «abbraccio mortale» con Casini?
"In politica chi ha più filo tesse…".
La parabola politica di Berlusconi è finita?
"Per poter essere un’esperienza politica, doveva essere posto per tempo il tema della successione, del trasferimento della guida a una classe dirigente che si era sedimentata. Altrimenti si tratta solo di un’esperienza personale: noi abbiamo fatto di tutto per evitare questo esito, ce ne siamo andati quando abbiamo ritenuto che non ci fosse più nulla da fare".
(Tratto da L’Unità, intervista di Andrea Carugati)