Aznar si riposiziona in Europa e detta la ricetta contro la crisi spagnola
30 Giugno 2009
L’incontro tra l’ex premier spagnolo José Maria Aznar e il presidente della Camera Gianfranco Fini durante l’inaugurazione del Campus estivo della Fondazione FAES, presieduto dall’ex leader del Partido Popular, è stato un vero confronto "complimentoso" mirato a rilanciare l’immagine dei due leader nella scena europea. Negli ultimi mesi, infatti, dopo aver smentito le indiscrezioni che lo vedevano di nuovo alla guida del partito di centrodestra spagnolo come unica figura capace di fronteggiare la crisi – economica e politica – spagnola, l’ex premier spagnolo si sta dedicando anima e corpo a cercare di ricucire alcuni strappi nel panorama nazionale e a spianarsi la strada per un ritorno in campo internazionale. Anche consolidando vecchie alleanze.
Aznar non lesina complimenti quando parla di Fini: "In questi tempi di crisi e di incertezza, abbiamo bisogno di leader, e lui lo è con la solidità, i principi, l’affidabilità, il coraggio, l’intelligenza e la generosità ". Si sa che tra i due esponenti c’è sempre stato un rapporto di stima e di amicizia ma c’è chi dice che anche per l’ex leader di An quella di ieri è stata una vera a propria investitura nella politica dei moderati europei. Aznar spiega infatti che la cosa più importante per Fini “non è tanto quello che ha già fatto, quanto tutto quello che dovrà ancora fare. Sono convinto che il suo futuro politico sarà brillante e fruttuoso e questa è una buona notizia per tutti noi".
Sul piano della politica interna, Aznar ritorna in campo e rimprovera duramente il governo Zapatero per questa “nuova” Spagna che invece, fino a quando era sotto il suo mandato, era stata un modello di crescita economica per l’Europa intera: “Ho consegnato una Spagna che si trovava nel momento più prospero della sua storia. Il governo ha negato la crisi, ha paralizzato le riforme e aumentato la spesa pubblica”. Qualcosa deve essere andato storto infatti se il Paese è passato da una crescita del 3 per cento a una perdita del 3 per cento, e si trova a dover affrontare la chiusura di 400 imprese e il licenziamento di 7mila lavoratori al giorno, con il risultato di 4 milioni di disoccupati (in Europa, su dieci senzalavoro, sette sono spagnoli). Per l’ex leader del PP una soluzione c’è e la spiega per filo e per segno nel suo nuovo libro “La Spagna può uscire dalla crisi”. La ricetta? Ripartire innanzitutto dall’impulso modernizzatore che ha caratterizzato la crescita spagnola della fine degli anni ’90 e che sotto il governo di Zapatero si è perso per strada.
A rafforzare la credibilità di Aznar non solo ci sono i risultati dell’azione del suo governo (nel 1996 la disoccupazione era al 23 per cento e dopo dieci anni si situava all’8 per cento), ma anche la bacchettata dell’ex presidente socialista Felipe González – un emblema della Spagna post-Transizione – che accusa l’attuale governo di “confondere le priorità con i programmi” e di incoerenza nelle questioni economiche (sotto tiro, tra l’altro, l’incremento del numero di funzionari e la questione nucleare: “Non si può essere antinucleare e poi comprare l’energia nucleare dalla Francia”). Una stoccata dolente per chi si considera il nuovo portabandiera del socialismo spagnolo.
Ma Aznar non è sceso di nuovo in campo per dare lezioni solo sul fronte economico. Il suo ritorno è mirato anche a rimettere ordine nel suo partito che , da quando è uscito di scena nel 2004, ha subito non poche scosse. A far perdere i consensi nel partito è stato prima il tentativo di colpo di mano interno per rimuovere un personaggio scomodo (e molto meno carismatico del predecessore) come è Mariano Rajoy, l’attuale leader designato dallo stesso Aznar (in lizza erano entrati niente meno che il presidente della Comunità di Madrid Esperanza Aguirre e il sindaco di Madrid Alberto Ruiz Gallardón); poi c’è stata la trama del caso Gürtel, una storia di corruzione e attribuzione di appalti che ha gettato cattiva luce sul partito e ha fatto perdere la fiducia dell’elettorato nel partito.
L’intervento mirato di Aznar a cavallo dalle elezioni europee sembra aver portato quindi i suoi frutti: rimettendo insieme i pezzi il Partito Popolare ha vinto le elezioni europee con il 42,23 per cento dei voti, e sia Aguirre che Gallardón, si sono dovuti rassegnare a ricandidarsi alle rispettive cariche. Così l’ex premier ha spianato la strada a Rajoy che, forte dell’appoggio di Aznar, ora si può dedicare al partito richiamando all’unità e alla coesione i militanti “superando vecchie storie del passato” e ripartendo dall’eredità del predecessore come “avvallo del domani”.
Una vera e propria dichiarazione che, più che dimostrare devozione, è un marchio di garanzia dell’influenza che Aznar continua ad avere nella politica interna e internazionale. Ne sono dimostrazione i due rapporti sull’Europa e il sistema finanziario internazionale che sono stati presentati personalmente dall’ex leader del PP durante l’inaugurazione del Campus FAES. Tra i temi trattati anche quello della libertà in tempi di crisi, le sfide e le minacce alla democrazia liberale e la situazione economica europea. Non è un caso infatti che Berlusconi abbia pronunciato proprio il nome dell’ex premier spagnolo come possibile presidente dell’Ue, se e quando il Trattato di Lisbona verrà approvato. Se è vero quindi che Aznar è un nuovo “re Mida”, la sua visione di Fini come futuro leader potrebbe essere lungimirante. I lettori sono avvertiti.