“B.Livers”: vale sempre la pena vivere
07 Settembre 2017
A Sarzana, quest’anno, tra gli ospiti del Festival della mente, rassegna estiva dedicata all’innovazione e alla creatività, c’erano degli ospiti “speciali”: ragazzi, poco più che ventenni, sopravvissuti al cancro, o comunque, affetti da patologie croniche molto gravi. Li hanno invitati perché la loro storia potesse suggerire al pubblico un’idea diversa di creatività, quella che combina l’estro dell’inventiva e la passione per la bellezza con la forza della sopravvivenza. Erano una piccola rappresentanza dei B.Live, associazione milanese, nata qualche anno fa nell’ambito della Fondazione Near, che organizza laboratori per distogliere, almeno per un po’, questi giovani malati da una routine spesso dolorosa, per il corpo e per la mente, avviandoli ad attività in cui devono creare qualcosa di bello e di nuovo: una canzone, un libro, un gioiello, un abito.
A sostenerli in questa avventura ci sono delle aziende, alcune anche molto grandi, che in questi anni hanno aperto ai ragazzi uffici e stabilimenti per condividere con loro i segreti della creazione e della produzione. Nel tempo, B.Live è diventato un vero e proprio marchio “adottato”, per esempio, da grandi case di moda per realizzare e distribuire una borsa e una giacca reversibile. Il logo da loro stessi creato per queste iniziative è rappresentato da un bullone, segno di forza e coesione, scelto anche come nome della testata di un giornale mensile, realizzato con la collaborazione di giornalisti e grafici professionisti, in cui i ragazzi raccontano se stessi e i personaggi che incontrano lungo il percorso.
Ciò che li accomuna non è soltanto la malattia in sé, ma il fatto di averla conosciuta e affrontata in un periodo particolarmente delicato della vita come quello dell’adolescenza. Molti di loro si sono ammalati sui banchi delle scuole superiori, proprio quando il sapore della vita si comincia a distinguerlo con più chiarezza. Per loro, la voglia di costruire il futuro si è crudelmente scontata con la paura di morire. Molti ce l’hanno fatta, tanti altri stanno ancora combattendo.
La cifra della loro creatività sta nel coraggio e nella resilienza, la capacità di assorbire un urto senza rompersi. Sta nei colori e nella luminosità di ombretti, fard e ciprie messi in una vetrina online del loro sito insieme a ciondoli e bijoux. Ma sta anche nel sorrisi e nell’emozione di chi li ascolta parlare e raccontarsi. “Vogliamo trasformare la diversità in valore, il dolore in opportunità”, spiega Eleonora dal palco della rassegna ligure. “Si può guardare alla malattia – dice – rispetto a quello che ti toglie ma anche rispetto a quello che ti dà, ovvero la capacità di accogliere le sfide, di capire che sei all’altezza di fare le cose”.