Balcani nell’Unione Europea: la Commissione dà lo stato dell’arte
15 Ottobre 2011
di Lavdrim Lita
In ordine sparso i Paesi dei Balcani occidentali si muovono nel cammino verso l’Unione Europea. Nel suo rapporto annuale sui Paesi in corsa per l’ingresso nell’Ue, l’esecutivo dell’Unione ha dato le pagelle ai paesi dei Balcani occidentali. Come ogni anno, il rapporto era atteso non solo per i giudizi di Bruxelles sui vari Paesi interessati, ma anche per verificare le linee di indirizzo della politica europea in materia di allargamento. Il rapporto mette in evidenza i progressi verso l’ integrazione europea compiuti nell’ultimo anno dai Paesi dei Balcani occidentali malgrado la crisi economica globale e individua le questioni principali che questi paesi dovranno affrontare nel breve e medio termine.
La Commissione Europea ha raccomandato che la Serbia sia candidata all’ingresso nell’Unione Europea come riconoscimento per le riforme democratiche e per la cattura dei criminali di guerra latitanti, ma anche detto che il nuovo status della Serbia è condizionato alla ripresa dei colloqui sulla cooperazione pratica con il Kosovo. A decidere sullo status di candidato alla Serbia sarà il Consiglio europeo del 9 dicembre prossimo. La diffusione dell’ultimo Rapporto della Commissione è concisa con una visita a Belgrado del ministro degli Esteri Frattini, che ha ribadito il pieno sostegno dell’Italia alle aspirazione europee della Serbia. Se ci saranno dei passi avanti nel dialogo tra i due paesi, Bruxelles proporrà agli stati membri di cominciare le trattative di adesione.
La Croazia ha chiuso con successo alla fine dello scorso giugno il negoziato di adesione, e diverrà membro e pieno titolo (il 28/mo) dell’Unione europea il primo luglio 2013.
I negoziati per l’adesione, invece, sono stati aperte per il Montenegro. ”Il Montenegro ha lavorato duramente. Abbiamo visto un reale progresso in ambito di riforma giudiziaria, di revisione della legge elettorale, di garanzie di libertà per i media, di lotta contro la corruzione e la criminalità organizzata”, ha dichiarato Stefan Fule, commissario europeo per l’Allargamento, in un discorso pronunciato alla Commissione per gli Affari Esteri del Parlamento europeo di Bruxelles. Secondo Fule, ”le raccomandazioni di oggi per il Montenegro e la Serbia dimostrano che il processo di allargamento sta stimolando le riforme sul terreno e sta contribuendo a creare un’Europa più stabile e prospera”.
La Macedonia punta infatti ad ottenere entro la fine dell´anno la fissazione di una data per l´avvio dei negoziati di ammissione all´UE. La Commissione Ue ha raccomandato per la terza volta l’ apertura del negoziato di adesione all’Unione per la Macedonia, che ha lo status di paese candidato dal 2009. A bloccare il via libera a Skopje è sempre l’ annosa disputa con la Grecia sul nome del paese ex Iugoslavo. Atene ritiene che il termine ‘Macedonia’ appartenga esclusivamente al patrimonio storico e culturale ellenico.
La Macedonia è rappresentata all’Onu col nome provvisorio di Fyrom (Former Iugoslavian Republic of Macedonia). Nei giorni scorsi, il relatore del Parlamento Europeo sulla Macedonia Richard Howitt si è recato in visita nel Paese, affermando nell´occasione che ci si augura che una soluzione venga raggiunta il più presto possibile, e comunque prima del meeting della Commissione Europea di dicembre. Vi sono buone possibilità di giungere a un compromesso, alle diplomazie di entrambi i Paesi vanno lasciati spazi adeguati per lavorare ad una soluzione.
La Bosnia-Erzegovina è bloccatata da una estenuante impasse politica legata ai contrasti fra le tre comunità etniche che lo compongono (musulmana, serba, croata), conseguenza anche della guerra degli Anni Novanta, non ha ancora Ottenuto lo status di paese candidato e, come ha detto a Sarajevo Pierre Mirel, responsabile della Commissione Ue, è ancora lontano da una reale prospettiva europea. A oltre un anno dalle elezioni politiche (3 ottobre 2010) la Bosnia è ancora senza un governo centrale.
L’Albania ha compiuto limitati progressi e anche per quest’anno è negativa la risposta da Bruxelles sulla richiesta di acquisizione dello status di paese candidato. Il rapporto sullo stato dell’allargamento presentato dal Commissario Stefan Fule a Bruxelles ha confermato le anticipazioni apparse in questi giorni sulla stampa albanese. L’Albania appesantito da una crisi politica che dura dal 2009, dove il governo del conservatore Sali Berisha e ai ferri corti col opposizione socialista di Edi Rama, il quale si rifiuta di votare le riforme volute dall’UE, che secondo la costituzione Albanese le leggi di elevata importanza vogliono una maggioranza minima di 3/5 dei votanti in Parlamento. Lo stallo è provocato dal fatto che i Socialisti vogliono prima un’accordo politico di spartizione del potere, per poi votare in modo consensuale le leggi.
Il Kosovo è il paese più indietro nel processo di integrazione europea. Indipendente dal 17 febbraio 2008, è stato riconosciuto finora da 83 paesi sul totale di 193 rappresentati all’Onu. La Serbia si oppone strenuamente alla proclamazione di indipendenza di Pristina, con cui lo scorso marzo ha avviato un dialogo su questioni concrete relative alla vita quotidiana della popolazione. L’ acuirsi della tensione nel Nord a maggioranza di popolazione serba è un fattore di disturbo sia per pristina che per Belgrado. La dirigenza kosovara si è felicitata della raccomandazione della Commissione UE per l’ avvio di negoziati in vista della liberalizzazione del regime dei visti. Il Kosovo è il solo paese della regione a non usufruirne.