Balotelli in nazionale: Farefuturo o farepresente?
05 Marzo 2010
di redazione
Il web magazine Farefuturo ha lanciato da alcuni giorni una vera e propria campagna per la convocazione di Mario Balotelli in nazionale. E ciò che stupisce non è tanto il merito della questione (anche se l’opinione di quanti – fra i quali soprattutto il c.t della nazionale Marcello Lippi – ritengono il giovane talento nerazzuro ancora immaturo per disputare un mondiale non sembra affatto peregrina).
Il fatto è che agli occhi di Farefuturo il vero motivo per il quale la mancata convocazione in nazionale di Balotelli sarebbe assurda non risiede nelle sue qualità calcistiche, non nella mancanza al momento di attaccanti più forti (e del resto sarebbe singolare che una fondazione politica come Farefututo si cimentasse in disquisizioni puramente calcistiche), ma è il colore della sua pelle, il fatto di essere il simbolo vivente della cosiddetta seconda generazione. La campagna pro Balotelli altro non è che un’iniziativa pubblicitaria a sostegno della proposta sulla cittadinanza breve, lanciata senza grande convinzione dal PD nella scorsa legislatura, e ripresa con grandi strilli di tromba dai finiani in questa.
Ma se è così, questa rischia di essere una mera strumentalizzazione dell’argomento. Una strumentalizzazione pericolosa e controproducente sia per l’obiettivo della cittadinanza breve che per il risultato della nazionale italiana ai prossimi campionati mondiali.
Quanto al primo non si può fare a meno di notare che Balotelli, nato in Italia da cittadini ghanesi, è cittadino italiano a tutti gli effetti proprio grazie ala tanto vituperata legge che prevede la “cittadinanza lunga”. Il che dimostra che il problema della seconda generazione non c’è. Quando il cittadino extracomunitario si inserisce e si integra perfettamente con la nostra collettività nazionale, volendo, può diventare cittadino italiano a pieno titolo.
Questo almeno è accaduto per Mario Balotelli. E se in altri casi non succede, bene, si renda più rapido e più fluido il procedimento amministrativo senza lanciare pompose quanto sterili campagne di opinione. La concessione della cittadinanza non è, e non deve diventare, strumento per favorire una possibile (ma non sicura) integrazione. E’, e deve rimanere, un meccanismo per includere pienamente nella comunità nazionale chi si sia già pienamente integrato e voglia far parte di tale comunità.
Quanto poi al più prosaico terreno calcistico, occorre stare attenti. La logica dello sport non deve essere piegata alle strategie della politica. Se, in una sorta di razzismo al contrario, accettassimo l’idea di convocare in nazionale un giocatore solo perché di pelle scura o di genitori extracomunitari, perché allora non formalizzare delle quote riservate ad altre categorie deboli: bambini, anziani, omosessuali, disabili…?
Può darsi anche che Balotelli sia il giocatore italiano del futuro (come sentenzia anche il quotidiano La Padania). Noi glielo (e celo) auguriamo. Ma il fatto è che i mondiali si giocheranno fra poco più di tre mesi. E il selezionatore della nazionale non è pagato per fare il futuro ma per cercare di fare del suo meglio nel presente. Siamo campioni del mondo in carica e sarebbe imperdonabile fare una figuraccia ai mondiali solo per inseguire astratti teoremi politici o strategie sociologiche multirazziali e multiculturali. Balotelli (come tutti) andrà in nazionale quando sarà il giocatore del presente!
Secondo un noto proverbio cinese “quando il dito indica la luna lo sciocco guarda il dito”. E va bene. Occorre però stare attenti anche a guardare solo la luna. Il rischio è prendere delle capocciate tremende. A guardare solo il futuro si rischia di non capire il presente (e di perdere i mondiali di calcio).