Banche Popolari: Consiglio di Stato boccia riforma, Codacons chiede risarcimenti
04 Dicembre 2016
Dopo la bocciatura da parte della Corte Costituzionale della riforma Madia, il Consiglio di Stato blocca la riforma di Renzi sulle Banche Popolari, evidenziandone i punti deboli. Una normativa, quella sulle banche popolari, adottata come al solito per decreto, tra mille polemiche comprese accuse di “insider trading” da parte di ambienti della finanza. L’accusa, all’epoca, è che ambienti vicini al Governo, conoscendo il testo del decreto, avrebbero potuto attuare movimenti speculativi, come ricorda oggi il senatore Maurizio Gasparri: “Siamo governati da gente irresponsabile e incapace che sta mettendo il Paese in una condizione di totale illegalita’. È gente pericolosa che va messa in condizione di non nuocere più”, dice Gasparri.
“Una vera e propria bufera legale si scatenerà sulle Banche popolari, nel caso in cui la Corte Costituzionale dovesse bocciare le norme introdotte dalla Banca d’Italia che limitano il diritto al rimborso dei soci che esercitano il recesso”, ha detto il Codacons dopo la decisione del Consiglio di Stato. Il Codacons chiama a raccolta tutti i soci delle popolari danneggiati dalla riforma. “Tutti i soci delle Banche popolari che hanno ricevuto rimborsi parziali delle proprie azioni potranno chiedere il risarcimento in tribunale. Questo nel caso in cui la Consulta, come crediamo avverrà , dichiarera’ l’incostituzionalità di una norma che danneggia una pluralità di soggetti”.
“Si tratta di numeri importanti: i soci di Ubi banca, ad esempio, hanno ricevuto solo 13 milioni di rimborso su 250; Banca Popolare di Vicenza ha negato il recesso per 1,7 milioni e cosi’ Veneto Banca (14,5 milioni); Banca Popolare di Bari e Popolare di Sondrio voteranno invece nei prossimo giorni sulla spa”. Tutti i soci delle Banche popolari che hanno visto finora negato o ridotto il proprio diritto a recesso, possono fornire da oggi pre-adesione all’azione risarcitoria che il Codacons sta studiando, inviando una mail all’indirizzo info@codacons.it, spiega l’associazione dei consumatori.
La bocciatura del Consiglio di Stato sulle popolari, secondo Gasparri, chiama in causa anche la Banca d’Italia, “sempre più motivo di vergogna e imbarazzo per il Paese”. “L’Istituto di Via Nazionale è stato messo in difficoltà dalla sentenza che ha dimostrato che, per la Banca popolare dell’Etruria, i controlli effettuati avevano lasciato correre situazioni meritevoli di sanzioni immediate. È la stessa Bankitalia che ha lasciato fare il proprio comodo a Zonin e ad altri speculatori che in Veneto hanno saccheggiato il risparmio dei cittadini. Ora la Banca d’Italia viene bastonata dal Consiglio di Stato che definisce incostituzionali delle circolari emanate dall’Istituto di Via Nazionale in merito alle banche popolari. Visco è un problema per questo paese. Lui e i suoi collaboratori non hanno vigilato, violando l’articolo 47 della Costituzione che tutela il risparmio. Ci sono delle persone quanto meno incapaci a Palazzo Koch. Vanno mandate via e la reiterazione degli errori dovrebbe imporre misure drastiche e doverose”.
La riforma delle banche popolari è stato il primo intervento del governo Renzi sul sistema bancario. Varato a gennaio del 2015, il decreto legge imponeva alle popolari più grandi – 10 istituti cui di recente si è aggiunta anche l’altoatesina Volksbank – la trasformazione in società per azioni. Una riforma che, ha ribadito il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, puntava a rendere “il sistema bancario più forte” e che è stata affiancata poi dalla riforma del credito cooperativo (ancora in via di attuazione) e dall’autoriforma delle Fondazioni bancarie. Banco Popolare, Ubi, Bper, Popolare di Milano, Popolare di Vicenza, Veneto banca, e Credito Valtellinese, cui si aggiunge appunto Volksbank sono stati gli istituti interessati dal provvedimento. Tra le dieci originarie c’era anche Banca Etruria, poi oggetto della procedura di risoluzione, mentre all’appello mancano ancora la Banca popolare di Sondrio e la popolare di Bari, che ha fissato l’assemblea per la trasformazione in Spa la prossima settimana.
A suscitare fin da subito aspre polemiche, oltre ai limiti al diritto di recesso, era stata la soglia oltre la quale scattava l’obbligo di trasformarsi in Spa, fissata a 8 miliardi di attivi. Nonostante la battaglia parlamentare delle opposizioni (sostenuta anche da parte della maggioranza) l’esecutivo ha mantenuto la soglia, tornata sotto i riflettori poche settimane fa, nel corso dell’esame del decreto fiscale collegato alla legge di Bilancio alla Camera. In quella sede era infatti spuntato un emendamento che, accanto a norme che regolavano i contributi delle banche al Fondo di risoluzione, portava anche la soglia per le popolari a 30 miliardi, il livello indicato dalla Bce per le banche di interesse sistemico. Sull’intero pacchetto però è mancato l’accordo nella maggioranza e alla fine tutte le misure sulle banche sono, al momento, saltate.