Banche popolari, da Consiglio di Stato stop a riforma

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Banche popolari, da Consiglio di Stato stop a riforma

02 Dicembre 2016

Il Consiglio di Stato ha sospeso “parzialmente”, in via cautelare, la circolare della Banca d’Italia che contiene le misure attuative per la trasformazione delle banche popolari in Spa.  

Lo rende noto uno degli studi legali che ha seguito il ricorso contro la riforma, ricorso che era stato bocciato dal Tar. Ora invece il Consiglio di Stato, con una doppia ordinanza, ha anche sollevato la questione di legittimità costituzionale della legge approvata dal governo Renzi. 

I giudici di Palazzo Spada hanno rinviato a una prossima camera di consiglio la trattazione nel merito della questione, dopo che la Corte Costituzionale si sarà pronunciata sulla legittimità della riforma stessa.

Si tratta della seconda riforma del governo, dopo quella Madia sulla pubblica amministrazione, bocciata in poco tempo.

In particolare, sul decreto convertito in legge nel marzo 2015 (Misure urgenti per il sistema bancario e gli investimenti) per i giudici esistono “profili di non manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale” nella parte in cui, la circolare di Banca d’Italia del 9 giugno 2015 impugnata, “disciplina l’esclusione del diritto al rimborso”.

A fare ricorso al Consiglio di Stato, dopo una precedente decisione del Tar, sono alcuni soci che agiscono contro Banca d’Italia e nei confronti di una serie di Banche popolari al centro del processo di trasformazione in Spa. Gli appelli proposti sono stati riuniti in un unico giudizio di fronte alla VI sezione del Consiglio di Stato, presieduta da Ermanno De Francisco. 

Il nodo della questione posta dai ricorrenti riguarda il diritto di recesso e le relative misure previste nella decreto di riforma, che vengono rinviate al vaglio di legittimità della Corte Costituzionale, e nella circolare della Banca d’Italia, la 285 del 2013 aggiornata nel 2015 dopo la riforma varata dal governo, che viene sospesa. 

La norma, il decreto legge 3 del 2015, prevede che una volta che l’assemblea della popolare abbia deciso la trasformazione in spa, il diritto al rimborso delle azioni al socio che eserciti il recesso non sia “soltanto differito entro limiti temporali predeterminati e con la previsione di un interesse corrispettivo” – come spiega l’ordinanza del Consiglio di Stato – ma possa essere “limitato, anche con la possibilità, quindi, di escluderlo tout court”. 

Inoltre alla Banca d’Italia si attribuisce il potere di disciplinare le modalità di tale esclusione e questo potere viene attribuito “anche in deroga a norme di legge”, con “conseguente attribuzione all’Istituto di vigilanza di un potere di delegificazione in bianco, senza la previa e puntuale indicazione, da parte del legislatore, delle norme legislative che possano essere derogate e, altresì, in ambiti verosimilmente coperti da riserva di legge”.