Bari. Asl chiama paziente per esame ma è morta da 3 anni

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Bari. Asl chiama paziente per esame ma è morta da 3 anni

22 Luglio 2009

"La invitiamo ad ese­guire una mammografia per il controllo del seno il 25/08/09 al­le ore 14". Poche parole che gli hanno riportato alla memoria il calvario della mamma. Una don­na di 55 anni deceduta nel dicem­bre del 2006 per colpa di un can­cro al seno "diagnosticato con ri­tardo".

A distanza di quasi 3 an­ni, la signora (della quale non è possibile pubblicare il nome su richie­sta dei familiari) la settimana scorsa ha ricevuto una lettera dall’Asl con la quale viene invita­ta a sottoporsi all’esame radiologico gratuito. Oltre il danno la beffa per Piero Ruggiero, figlio 30enne della defunta, che attacca: "Una pre­sa in giro, si ricordano solo adesso di lei. E’ tutto assur­do". Non potrebbe essere diver­samente per un ragazzo che ha visto morire la mamma per una diagnosi arrivata tardi.

Con un pizzico d’attenzione in più si sarebbe potuto evitare la gaffe. "Una lettera di cattivo gu­sto – attacca ancora Ruggiero – ­l’Asl è a conoscenza non solo del­la morte di mia madre, ma anche delle cause". Il 30enne si rivolge direttamente all’assessore regio­nale alla Sanità, Tommaso Fiore.

"Chiedo con rabbia – spiega – di essere più attento nella gestione di questi programmi, ricordan­do che nella prevenzione ci sono anche le visite di controllo post-intervento che a volte sono considerate semplice routine dai medici". Il riferimento non è ca­suale. La 55enne venne operata al seno nel maggio del 1997 dal­l’équipe medica della Mater Dei. L’esito dell’intervento fu defini­to positivo dai camici bianchi. Ma la donna, nel corso degli an­ni, torna ad avvertire dolori fisi­ci. "Durante i controlli periodici – ricorda il figlio – sono accadute cose strane. Spesso ci dicevano che la cartella non era rintraccia­bile, che le condizioni di mia ma­dre erano però ottime". Fino al novembre del 2004, quando la 55enne si accorge che qualcosa non va, avverte dolori lancinanti alle gambe, sempre più frequen­ti. "Ci recammo nuovamente dal medico – prosegue Ruggiero ­- per pretendere esami approfon­diti. Il medico, quasi stizzito, la rassicurò dicendole che a distan­za di oltre cinque anni dall’inter­vento non c’era più bisogno di preoccuparsi. Che il decorso era andato per il vero giusto". La re­altà era un’altra: le metastasi sta­vano divorando la donna, si era­no sviluppate fino alle ossa delle gambe. La diagnosi, dopo l’insi­stenza dei familiari della pazien­te, arriva però solo tra marzo e aprile del 2005. Quando orami è troppo tardi. "La chemioterapia alla quale si è sottoposta a Brindi­si non è servita", aggiunge il fi­glio. La donna si spegne nel di­cembre del 2006.