Bassolino rinviato a Giudizio: sette i capi di imputazione
03 Marzo 2008
Hanno atteso forse di capire che
fine avrebbe fatto il caso Bassolino nelle liste del Pd in queste elezioni.
Poi hanno deciso di tagliare la
testa al toro, impossibile aspettare a dopo il voto. E da ieri il governatore
della Campania Antonio Bassolino è un imputato rinviato a giudizio per le
irregolarità commesse nella gestione dei rifiuti quando era commissario
straordinario. Sette i capi di imputazione tra cui truffa aggravata ai danni
dello stato e frode in pubbliche forniture, con riferimento ai privati.
Così il giudice per le udienze
preliminari Marcello Piscopo che, dopo alcune ore di camera di consiglio, ha
valutato e accolto le richieste di rinvio a giudizio avanzate dai pm Paolo
Sirleo e Giuseppe Noviello nei confronti di Bassolino, dei vertici Impregilo e
di altri 27 indagati tra funzionari delle aziende del gruppo e subcommissari e
tecnici dell’emergenza, da oggi sta su tutte le prime pagine come tanti altri
suoi colleghi.
Dal 2000 al 2004 Bassolino è stato
commissario straordinario ai rifiuti, sotto la sua direzione tale commissariato
ha incrementato le “spese generali” dai circa 16.000 euro del 1998 a 1.140.000
euro. Nessuno dei nove commissari straordinari si è trovato a gestire un quantitavo
simile di denaro (qualcosa come duemilamiliardi
di lire) proveniente dalla comunità europea e dagli aiuti di stato
proprio negli anni di commissariamento Bassolino.
I suoi
vice Giulio Facchi e Raffaele Vanoli, gli ex vertici dell’Impregilo, a partire da Pier Giorgio Romiti, amministratore delegato (fino a novembre 2006). Armando Cattaneo, dirigente Fibe e Paolo Romiti, dirigente Fisia
Italimpianti, sono accusati invece di frode in forniture pubbliche descritte in
episodi specifici contenuti nella sentenza di rinvio a giudizio.
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Il
processo inizierà a metà maggio e ieri
gli avvocati di parte civile della Regione Campania hanno anche chiesto
il congelamento cautelare dei beni di tutti gli inquisiti, compreso l’attuale
inquilino a capo della Regione Campania.
L’inchiesta
penale è nata dalla famosa
relazione della Corte dei conti del 2006 sull’esercizio dei commissariati
straordinari per l’emergenza rifiuti.
La magistratura
contabile per Napoli e la Campania all’epoca aveva già usato parole di fuoco.
Qualche esempio? A proposito delle note spese, nella nota
295 contenuta nella pagina 65 di detta relazione, si legge che “il personale
del Commissariato recatosi in missione a Rimini ha pernottato al Grand Hotel
appartenente alla categoria cinque stelle extra lusso, dalla relativa ricevuta
si evince che hanno alloggiato due persone.. per la gita di servizio a Rimini
non risulta agli atti della struttura alcuna certificazione relativa alla
partecipazione al corso di che trattasi..”
Era la primavera del 2000.
Ma nell’estate di quello stesso anno ecco ancora una nota
della Corte dei conti: “Al convegno internazionale che si è svolto ad Anacapri
nel novembre del 2000 si rileva che la ricevuta per un pasto riporta la data
del 31 gennaio corretta manualmente al 5 novembre inoltre la ricevuta
dell’albergo attiene ad una camera doppia e risulta rimborsato anche l’uso del
telefono..”
Infine “in dettaglio sono stati rimborsati biglietti aerei
emessi a nome di … per un ammontare complessivo di 35 mila euro.. e in più
anche spese per pasti consumati a Napoli e provincia, spesso relativi a due
coperti per oltre 7 mila euro ed infine sono state rinvenute ricevute per
pernottamenti in albergo il cui numero degli ospiti è stato varie volte di due
altre volte addirittura di quattro unità”.
Secondo la Corte dei Conti non sono mancati neanche
“inquietanti episodi di infiltrazioni mafiose nella struttura come riportato in
nota”. La nota rimanda all’audizione del l’8 marzo 2005 del capo del
dipartimento della protezione civile e del commissario delegato per l’emergenza
rifiuti nella Campania davanti alla XIII commissione permanente del Senato.
Si riporta anche lo
stralcio della deposizione in cui si parla di “un famoso piccolo camorrista e
delinquente degli anni ’70 che prestava servizio nei nostri uffici e tra
l’altro aveva un negozio di antiquariato e nelle ore libere veniva da noi a
firmare la presenza”.
Poi cè il capitolo compensi: Bassolino si era autoattribuito
10 mila euro al mese, e la stessa cifra gudagnavano i vice commissari e i sub
commissari.
Ora forse è arrivato il redde rationem.