“Basta con il gossip, è venuto il momento di tornare a parlare di politica”
03 Luglio 2009
"In silenzio stampa, su strategica imposizione". Sono in questa condizione le donne italiane che Nadia Urbinati, nel fondo su Repubblica, cita come inesistenti nell’universo in miniatura delle polemiche da rotocalco.
Ma non è una condizione di scelta, quanto piuttosto l’accettazione di una logica ambigua secondo cui la “quotidianità”, quella eccezionale e silenziosa condizione nella quale operano le donne del nostro paese, si posiziona su ordinate parallele rispetto a quelle del glamour mediatico.
“Non è facile essere donne in questo tempo di stravolgimenti di valori e dei costumi, di smarrimento del senso del comune. Non è facile trascendere ciò che ci sta intorno e ci offende” scrive la Urbinati nell’incipit della sua riflessione, rivolgendosi alla nutrita corte di letterine, meteorine e veline, nei cui diminutivi si rispecchia l’Italia del malcostume e dell’antifemminismo.
“Pensava, Mary Wollstonecraft che tutto cominciasse con l’educazione, che la ragione dell’assoggettamento delle donne fosse da ricercare nell’ignoranza e nella condizione di esclusione dalla città”, prosegue la Urbinati. Pensano, oggi, le donne che lavorano e che metabolizzano luoghi comuni, che se l’educazione passa soprattutto attraverso il canale della comunicazione, i media non possono sentirsi esonerati dalle responsabilità di un paese in lotta con le sue contraddizioni e addirittura lanciare accuse contro un modello che essi stessi alimentano. Una smentita è una notizia data due volte, dicono i giornalisti.
Un cattivo esempio, invece, limitante per chi se ne dissocia, se viene quotidianamente riproposto dal nostro circuito mediatico rischia di fomentare il gioco delle parti. E, in questo caso, della parte sbagliata. Sottoscrivo il pensiero di Nadia Urbinati quando scrive che la stagione dei diritti ha rovesciato un modo di leggere i rapporti umani, ridefinendo il genere e il ruolo dei e tra i sessi.
Rilancio allora una sfida. Smettiamola di identificare una parte con il tutto, di associare l’universo femminile ad un atteggiamento di condiscendenza verso i soprusi, palesi o latenti che siano, dimostriamo che l’immagine dell’Italia nel mondo si costruisce in una logica di condivisione e non di sterile opposizione.
Sono una donna, politico da oltre quindici anni, da sempre portavoce di quelle donne per cui le pari opportunità possano ancora rappresentare un serio argomento di confronto. Siedo oggi tra gli scranni del Palamento Europeo per il Popolo della Libertà e non credo che le appartenenze costituiscano un ostacolo o un indelebile marchio di identificazione al negativo.
Eleviamo il livello del dibattito politico, senza che il gossip continui a dettare, ovunque, le regole della comunicazione.
*Erminia Mazzoni, europarlamentare Pdl