Bce, Alta Corte tedesca in conclave. Che significa per l’Italia
12 Giugno 2013
I giudici dell’Alta Corte di Karlsruhe si riuniscono per il secondo giorno di discussione sull’Omt, il piano per acquistare i titoli dei Paesi dell’Eurozona in difficoltà. La Corte deve decidire sulla legittimità dei ricorsi contro l’Omt che, a detta di alcuni economisti tedeschi, non rispetta la Legge costituzionale tedesca e i Trattati europei. La Corte discuterà anche del fondo salva-Stati permanente, Esm.
Mentre i nostri media riempiono pagine di inchiostro sulle elezioni locali, si perde di vista ciò che veramente conta per il nostro futuro. Le decisioni che determinano il benessere, o al contrario, la via verso la povertà del nostro paese, sono prese altrove nell’ignoranza generale. Il Presidente di Confindustria nel suo intervento all’Assolombarda ha riportato l’attenzione sugli errori della politica UE. Citiamo, tra le tante, due frasi emblematiche di Squinzi, «la vulgata monetarista, il credo europeo dell’austerità senza crescita ha finito con il travolgere anche il rapporto debito/Pil» e ancora «Se il rigorismo e l’austerità mettono in ginocchio la tenuta sociale e il patrimonio delle nostre imprese affinchè altri possano fare shopping portandosi a casa i nostri pezzi migliori a prezzi di saldo, la soluzione si trasforma in problema e dobbiamo dire di no»
Toccherà alla politica italiana prendere atto della realtà e tentare di cambiare le regole UE. Per farlo è importante capire l’impatto della politica monetaria UE sullo sviluppo del nostro paese. Partiamo da un esempio concreto che aiuta a spiegare le interrelazioni che legano la nostra economia a decisioni ormai del tutto fuori dal nostro controllo. In questi giorni la Corte Costituzionale Tedesca sta esaminando il ricorso fatto da alcune migliaia di cittadini tedeschi contro la possibilità che la Germania avvalli l’intervento della BCE per acquistare illimitatamente i bond dei paesi UE (tra cui i nostri BTP ndr). La Germania sta per prendere una decisione che avrà un impatto enorme sulla Moneta Unica e quindi sul costo del nostro debito. Già nel settembre 2012 la Corte Costituzionale deliberò sul Fondo Salva Stati della UE ponendo alla Germania un limite di intervento di 190 Miliardi.
La decisione che verrà presa tra qualche giorno è di importanza fondamentale e impatterà direttamente sul futuro dell’Euro e sul livello dei tassi di interesse o addirittura sulla sostenibilità stessa della moneta unica. A dimostrazione di questo basta ricordare la conferenza stampa di giovedì del Presidente della BCE che invece di abbassare i tassi è stato di una cautela immensa, e l’intervento di ieri dello stesso Draghi alla televisione tedesca (intervista non certo consueta). Tutto volto a tranquillizzare i tedeschi sulle azioni (o meglio l’immobilismo) della BCE.
Proviamo a spiegare, semplificando per i non addetti ai lavori, le interrelazioni tra Europa, BCE, Moneta e il benessere in Italia. Il debito pubblico italiano è di 2.000 Miliardi; oggi paghiamo circa il 4% di interesse e il costo del debito è di 80 MLD. Da 10 anni l’Italia ha un avanzo primario (Lo stato per spese e investimenti spende meno di quanto incassa dalle tasse) e il deficit è causato solo dal pagamento degli interessi sul debito. Quindi se il tasso di interesse fosse dell’1% ci rimarrebbero risorse (circa 60 MLD) per abbassare le tasse o per detassare il lavoro o le imprese rispettando anche i vincoli di bilancio posti dalla UE. Se invece i tassi salgono e arrivano al 5% dobbiamo pagare 100 MLD l’anno, e se esplodono rischiamo il default perché sarà una continua rincorsa ad aumentare la tassazione per riportare in pareggio i conti dello stato, senza alcuna possibilità di invertire il trend. La Germania sul suo debito paga 1% o anche meno, quindi, invece di spendere per ripagare interessi può fare investimenti o ridurre le tasse. Inoltre i tassi di interesse per imprese (investimenti) e famiglie (mutui) sono bassi e questo rende tutta l’economia tedesca competitiva.
Ora se una Banca Centrale come la BCE può intervenire senza limiti sul mercato in acquisto di Bond, può determinare un forte abbassamento dei tassi di interesse. Fino ad ora non lo ha fatto realmente, ma anche il solo annuncio da parte di Draghi ha permesso di invertire il trend dei tassi in Spagna e Italia. Se poi intervenisse realmente come hanno dimostrato l’Inghilterra o il Giappone (che ha un debito del 240% del PIL ma paga 0.80% di interessi) i tassi raggiungerebbero gli stessi livelli degli altri paesi occidentali con debito alto ma considerati assolutamente solvibili come Giappone o GB perché il loro debito è denominato nella valuta nazionale e la loro Banca Centrale può intervenire per regolarlo. La politica delle Banche Centrali orienta nel breve e nel medio termine il costo del debito (valore dei tassi di interesse). Solo nel lunghissimo termine (dieci anni o più) il costo del debito è determinato dai fondamentali dell’economia.
Se riduciamo il costo del debito tramite interventi della BCE sui mercati, possiamo risparmiare il costo per interessi, trovando finalmente le risorse necessarie per investire, per ridurre le tasse sul lavoro e far ripartire il credito e quindi in definitiva per ricreare benessere. Tutto il resto sono chiacchiere. Ridurre la spesa pubblica di qualche miliardo è giusto, ci farà essere più efficienti, ma non farà ripartire il mercato interno e meno che meno attenuerà il credit crunch che soffoca le nostre imprese. Ma i tedeschi non vogliono che la BCE intervenga e addirittura ora la politica monetaria della UE vive sotto la spada di Damocle di una sentenza della Corte Costituzionale Tedesca. La politica della BCE non fa che comportare vantaggi al sistema economico tedesco che grazie al grande afflusso di capitali verso la Germania finanzia le sue aziende e più in generale il suo sviluppo e d’altra parte soffoca il sistema produttivo italiano (il secondo in Europa fino a poco tempo fa) privandolo di credito o appesantendolo con tassi insopportabili. Finalmente è arrivato il no di Squinzi che in un intervento a Milano ha “urlanto” il suo dissenso verso la politica monetarista di Monti (presente in sala) e della Merkel.
Ora bisogna che anche la politica faccia propri questi concetti e mediti in maniera approfondita su quanto affermato ieri dal Presidente di Confindustria. Bisogna che in Italia si rimetta al centro il concetto di Interesse Nazionale e che le trattative con Bruxelles e la Merkel vengano avviate partendo dal nostro interesse, e non da quello dell’Europa. La nostra tradizionale politica di sostegno acritico a questa UE ci ha portato al disastro. La rigidità del sistema UE non consente all’Italia di fare politica economica e tantomeno politica industriale. E necessaria avviare una trattativa sulla BCE, e il Fiscal Compact, imparando dagli inglesi che quando si siedono ad un tavolo lo fanno dopo aver loro stessi delimitato i contorni del campo. (Cameron ha già definito la data del referendum sulla UE). A questo deve servire un governo di larghe intese. Essere più forti per trattare. La crisi è talmente grave che una nostra posizione dura può rimettere credibilmente in gioco tutto. Proviamoci. Ora la politica si muova!