Bce costretta a confrontarsi con la frenata del pil. Citi: “Da Bce danni a pensioni”

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Bce costretta a confrontarsi con la frenata del pil. Citi: “Da Bce danni a pensioni”

06 Settembre 2016

Alcuni dati macroeconomici hanno evidenziato la debolezza dell’Eurozona e hanno costretto il governatore Mario Draghi a rafforzare gli stimoli monetari, noti come “quantitative easing”. L’inflazione nell’area è rimasta stabile allo 0,2% in agosto, ma le previsioni erano per un’accelerazione fino allo 0,6%. E i prezzi “core” hanno rallentato la loro crescita. Ad oggi, la BCE prevede di centrare il target di medio periodo non prima del 2018. Deboli è stata anche la lettura di Markit sulla crescita dell’Eurozona, con l’indicatore ai minimi degli ultimi 19 mesi.

Per questo, sul tavolo di Francoforte dovrebbero essere studiate diverse novità. La prima sarebbe il prolungamento della durata del QE. Ma c’è un problema tecnico, che verosimilmente spingerà la BCE ad associare al prolungamento anche una qualche altra misura: la carenza di offerta dei bond. Già oggi, alle regole attuali, Francoforte non potrebbe acquistare la stragrande maggioranza dei Bund, visto che i loro rendimenti sono negativi per l’80% dei titoli negoziati sul mercato secondario e che fino alla scadenza dei 7 anni (inclusi) viaggiano al di sotto della soglia del -0,4%, che per l’istituto funge da limite minimo accettabile.

L’Italia resta alle prese con l’incubo deflazione e intrappolata nella crescita zero; e, nel complesso, una Eurozona che assiste a un rialzo del Pil a dir poco anemico.

Proprio oggi sono arrivati i dati dell’Eurostat, che hanno confermato il Pil del secondo trimestre, mettendo di nuovo in evidenza come l’Italia sia rimasta al palo, insieme a Francia e Finlandia. In questi giorni la nota dell’Istat aveva reso noto il dato allarmante di una crescita zero che rischia di protrarsi anche nei prossimi mesi, a dispetto dell’ottimismo del governo Renzi.  Nella nota mensile relativa all’economia italiana, l’istituto nazionale di Statistica è stato chiaro e, oltre a parlare di crescita interrotta per l’economia italiana, ha messo in evidenza la continua latitanza dell’inflazione, sottolineando che il trend non dovrebbe neanche cambiare nel breve e medio termine.

Intanto n nuovo report di Citi  mette tuttavia in evidenza come il QE di Draghi, così come quello delle altre banche centrali, funzionerà sempre di meno. E forte è la critica verso il danno che la politica di tassi a zero o negativi avrebbe provocato alla società.

Secondo Hans Lorenzen, analista del credito di Citi, la Fed, la Bank of England e la Bce, con le loro politiche di bassi tassi di interesse,  hanno aumentato le diseguaglianze economiche nell’Occidente, reso i ricchi ancora più ricchi e danneggiato le pensioni.

Con i bond che pagano ormai zero interessi, se non negativi (e in questo caso i detentori di bond devono anche pagare per gli strumenti finanziari che possiedono), i flussi di investimenti si sono diretti verso l’azionario.             Fattore che si è tradotto in maggiori disuguaglianze, ovvero: le banche centrali hanno iniettato un enorme ammontare di liquidità nell’economia globale; i ricchi ne sono stati i principali beneficiari, ma hanno deciso di risparmiare invece di spendere, dunque l’effetto sui salari è stato ridotto; i bassi tassi di interesse hanno arrecato danni alle pensioni, dal momento che è diventato più difficile per le grandi aziende riuscire a finanziarle; l’effetto è che gli investimenti sul capex sono diminuiti; gli investimenti hanno perso di appetibilità perché il contesto di deflazione implica un basso tasso di produttività e bassi rendimenti; dunque, invece di prendere a prestito per investire, le aziende europee si sono focalizzate sul taglio dei costi; le aziende Usa, invece, hanno utilizzato i soldi per lanciare operazioni di buy-back sulle loro stesse azioni, a vantaggio soprattutto dei ricchi; e nessuno è stato capace di creare occupazione.