Bei tempi: quando il gossip era un’arte e in Italia c’era la Bella Vita

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Bei tempi: quando il gossip era un’arte e in Italia c’era la Bella Vita

27 Giugno 2008

 

Un grande inviato di Newsweek un giorno mi disse: “Ho visto giornalisti andare a caccia di macchie di sperma sulla giacca di Clinton… Ai miei tempi cercavamo le notizie nella giungla vietnamita”. Quell’incontro al Round Robin Bar del Willard Hotel a Washington è riemerso dai miei ricordi in bianco e nero quando ho letto le intercettazioni su Silvio Berlusconi. Sarà che le primavere per me scorrono inesorabili, ma penso che l’Italia abbia perso il gusto del pettegolezzo, della chiacchiera e del salotto. Questi fogli sbattuti in faccia al cittadino perdono improvvisamente il loro fascino privato e diventano una specie di guerra elettronica delle parole che niente ha a che fare con lo spirito della borghesia e la civiltà dei costumi dell’Occidente.

 Amare le donne non è mai stato un reato, adorarle penso sia ancora un segno d’umanità. L’esaltazione dell’eros è un segno di vitalismo. Una società è viva se ama, pulsa se è erotica, è dinamica e prospera se desidera. Nella mia vita ho visto uomini perdersi in amori pazzi, ambasciatori attaccasottane, gentleman impazzire nell’abisso della bellezza, accademici tornare fanciulli e passeggiare nei campus mano nella mano con giovani bellezze dalle gambe lunghe e dal seno generoso.

 “It’s life” diceva un mio amico di Boston mentre mi mostrava – le mani tremanti – le sue poesie infuocate per l’amante. La moglie era bellissima, le figlie uno splendore, ma il suo sguardo s’illuminava d’immenso solo pensando a lei, lontanissima, quasi inarrivabile. Era la moglie di un potente della business community newyorkese.

 Il bostoniano era consigliere di molti governi, uomo pubblico e privatissimo, dalla vita ufficiale insospettabile. Se quelle lettere fossero state pubblicate da un giornale, la sua vita, quella dei suoi amici e la sua famiglia sarebbero stati distrutti. Più di una poltrona avrebbe tremato. Non c’erano le mail e i telefonini, scriveva con la Waterman lettere su carta lavorata a mano. Erano altri tempi, la corrispondenza era davvero inviolabile, i vizi e le virtù trovavano un’agorà solo di fronte a un camino nelle sere d’inverno e nei giardini di Long Island durante l’estate. Si poteva essere perfidi – e qualcuno lo era – ma in fondo tutti avevano in mente la frase “chi è senza peccato…”. L’America sapeva delle scappatelle di Jfk con Marylin e molto altro ancora, l’Italia era un paese con i suoi casini (in tutti i sensi). Il vizio e la passione erano trattati con un certo bon ton, gli aiuti e le spinte (ogni riferimento equivoco è puramente voluto) alla fine della fiera non diventavano affare di Stato.

Le raccomandazioni erano un ottimo metodo di selezione della classe dirigente che ancora non si era trasformata in digerente. Le segretarie erano bravissime e generose (in tutti i sensi), le attrici conoscevano biblicamente i politici ma non lo andavano a spifferare ai quattro venti, i magistrati si occupavano di cose più serie e a loro volta erano impegnati far quadrare i conti della moglie con quelli dell’amante, i militari facevano la guerra, le mogli allevavano figli e nell’attesa del ritorno a casa del soldato si consolavano con il concessionario della Chrysler all’angolo. Hollywood era un mito lontano e Roma una città impegnata a godersi la Dolce Vita.

 Poi l’acqua sotto i ponti si è ingrossata, è diventata scura. Il Potomac e il Tevere si sono popolati di pescecani. Il Belpaese ha trasformato i casini in caos, la politica ha accolto tra le sue braccia troppi smidollati, il giornalismo d’inchiesta è diventato archeologia, nei commissariati di polizia gli interrogatori sono diventati un optional e gli investigatori privati si sono estinti dopo Philip Marlowe. Il private eye, l’occhio privato, è diventato un orecchio privato. Una generazione di spioni incapaci di distinguere un cocktail Martini da un Manhattan si è sostituita alle spie. I giornalisti sono diventati orgogliosamente embedded delle procure e non più degli eserciti, la giungla urbana dei piccoli e grandi ricattatori si è sostituita a quella dove combattevano il generale Giap e il generale Westmoreland e con un salto spazio-temporale incredibile si è passati dalle crisi della Casa Bianca orchestrate contro Richard Nixon da una Gola Profonda, a quella contro Bill Clinton sbattuta in prima pagina da un altro tipo di rapporto orale. 

Dopo quattordici anni, Silvio Berlusconi torna a palazzo Chigi e s’illude di poter governare un Paese senza eleganza ma con troppa tecnocratica ignoranza della vita. Ci tocca leggere queste intercettazioni e non vi troviamo niente di nuovo né di grandiosamente tragico perché il dietro le quinte è banalizzato dal giornalismo proto-tabloid e la politica privata della forza di reagire. L’Italia è governata dal Csm, il discorso pubblico s’è togato, il popolo forse si sarà sfogato, ma il Paese uscirà da quest’avventura irrimediabilmente umiliato.