Beirut, una catastrofe annunciata?

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Beirut, una catastrofe annunciata?

Beirut, una catastrofe annunciata?

06 Agosto 2020

Arrivano notizie sempre più inquietanti dal Paese dei Cedri. L’esplosione del deposito di nitrato d’ammonio al porto di Beirut non poteva giungere in un momento peggiore, forse il più drammatico della moderna storia libanese.

Il Libano sta attraversando contemporaneamente una crisi politica, una crisi economica, una crisi finanziaria e infine una gravissima crisi monetaria: infatti, dopo 75 anni circa dall’indipendenza dalla Francia, alcuni mesi fa il sistema basato su una ripartizione confessionale del potere ha mostrato tutte le sue crepe e le manifestazioni popolari cui abbiamo assistito durante l’intero arco del 2019 la dicono lunga sullo stato di malcontento diffuso. La corruzione nascosta tra le pieghe del sistema ha prodotto uno stato insopportabile per la popolazione, addirittura peggiore di quello sofferto durante la guerra civile degli anni 1975-1990. Il debito pubblico ha raggiunto livelli stratosferici, la disoccupazione interessa ormai la stragrande maggioranza dei libanesi e, per finire, la svalutazione della lira libanese ne ha annullato il potere d’acquisto: oggi un dollaro vale 4000 lire libanesi, mentre fino a un anno fa valeva solo 1500 lire.

La sostituzione del leader sunnita Saad All’Hariri alla Presidenza del Consiglio e la formazione di un nuovo governo di tecnici presieduto dal professore dell’Università Americana di Beirut Hassan Diab, non ha prodotto, a tutt’oggi, i risultati sperati. Il Paese è sull’orlo del collasso e non soltanto economico.

In un momento così delicato per il Libano giunge l’esplosione al porto, causando, fino adesso, più di 110 morti, 4000 feriti ed un numero imprecisato di dispersi. Sono stati distrutti i silos di deposito delle riserve di grano libanese, è stato distrutto e chiuso il porto – le cui attività sono state trasferite verso il porto di Tripoli provocando un danno economico incalcolabile –, sono stati danneggiati e messi fuori servizio quattro ospedali del centro di Beirut e gravi danni sono stati riportati dalle abitazioni in diversi quartieri della città. La potenza dell’esplosione è stata tale da essere equiparata a quella sprigionata dalla bomba di Hiroshima o ad un terremoto di intensità pari a 4.6 della scala Richter. Insomma, una vera e propria catastrofe.

Il Consiglio superiore di difesa ha dichiarato immediatamente lo stato di emergenza e ha costituto una commissione di inchiesta, intimandole di stabilire, in un tempo massimo di cinque giorni, le prime responsabilità. Già da subito è stato disposto di interrogare l’ex Ministro dei lavori pubblici, il quale era in carica all’epoca del sequestro della nave ucraina, 2014, che trasportava 2650 tonnellate di nitrato d’ammonio.

I dati a nostra disposizione lasciano intendere che le cause di questa tragedia siano da ricercare nell’imperizia e nella scelleratezza. Non sarà facile individuare e punire i responsabili come promettono il Primo Ministro ed il Presidente della Repubblica Generale Aoun, non sarà facile perché il vero colpevole è il manuale Cencelli in salsa confessionale libanese, cioè il sistema stesso e le sue degenerazioni e questo è ancora troppo forte per essere colpito.

Quel che è certo è che tutto questo non potrà che aumentare le sofferenze e le difficoltà del popolo libanese, un popolo che non si è mai tirato indietro quando ha dovuto aiutare gli altri, come recentemente accaduto con i profughi palestinesi e siriani. Tanti sono gli annunci di solidarietà e di vicinanza: speriamo solo che non rimangano lettera morta. La cosiddetta “comunità internazionale” non può esistere solo per applicare sanzioni e alimentare conflitti. Piuttosto oggi sarebbe auspicabile che le sanzioni applicate conto quel popolo fossero abolite.