Benigni senza Berlusconi è come Linus senza la sua coperta
08 Dicembre 2011
L’uscita di scena di Silvio Berlusconi, per quanto abbia fatto stappare bottiglie di spumante (che champagne in tempi di magra come questi sarebbe stato eccessivo) e sfilare trenini festanti per le strade, ha lasciato dietro di sé una fila di ammutoliti orfanelli che hanno perso la loro icona a cui rivolgere invettive e biasimi (ma anche al contrario lodi e adorazioni).
Un vuoto quasi incolmabile che ha lasciato a bocca asciutta quanti si cibavano del pane quotidiano fatto di intercettazioni, processi giudiziari con contorni succulenti di escort e Ruby. Partendo dalla politica, i vari Bersani e Di Pietro hanno l’aria smarrita e avendo perso il loro personale e affezionatissimo capro espiatorio si nascondono dietro la giacca “parafulmini” di Monti che gli ha permesso di sfangare il pericolo di salire al governo.
Passando poi per il giornalismo, Santoro e Travaglio con il loro Servizio Pubblico, non sono più i leoni da arena dell’Annozero, perché gli è sfuggita la preda da sbranare (gli ascolti a picco parlano chiaro). Per non parlare de Il Fatto Quotidiano che, in cerca di un sostitutivo quanto immediato bersaglio capace di tirare su le vendite, titola “Il Caimano 2” raffigurando l’attuale Presidente del Consiglio con una mannaia in mano e lo spettro del Cav alle spalle. E Repubblica? Ezio Mauro a chi rivolgerà le sue patetiche “Dieci domande”? E, a latitudini opposte, chi consolerà l’inconsolabile Emilio Fede che a pochi giorni dal 12 novembre, in preda alla disperazione, annunciava: “Se Berlusconi si dimette, abbandono il Tg4”.
Vogliamo poi parlare della tristezza dei comici. L’ossimoro è voluto. Basta fare zapping tra uno Zelig e un Colorado per rendersi conto che i personaggi che abitano questi pseudo varietà hanno perso smalto perché quella parolina magica (B-e-r-l-u-s-c-o-n-i), che ad un certo punto tiravano fuori dal cilindro, è sparita.
Tra loro, ma qui parliamo di un comico da Oscar, c’è chi non riesce proprio a fare a meno di nominarlo, quasi attanagliato da una straziante nostalgia. Parliamo di Roberto Benigni, superospite dell’ultima puntata de #il più grande spettacolo dopo il weekend di Fiorello, che in un monologo di 13 minuti ha riproposto la litania che da qualche tempo, da quando è diventato “engagè”, sbrodola in ogni sua apparizione pubblica.
Dopo il suo ingresso, accolto da uno scroscio di applausi, già avevamo avuto l’impressione l’avrebbe fatto ancora… “Fiorello sei rimasto l’ unico showman d’ Italia, a meno che non voglia dare le dimissioni anche tu”. Ecco fatto, ogni riferimento è puramente casuale. Poi incalza, favoleggiando: “C’ era una volta un Cavaliere, che aveva tanti castelli, e tante principesse, tutte sul pisello… Poi arrivò una principessa più giovane, troppo più giovane, si disse che era la nipote del Gatto con gli Stivali. Quindi sopraggiunse un’ orca dalla Germania e quando se ne andò lui noi vivemmo tutti felici e contenti”.
Nonostante la trama sia cambiata, il nostro beniamino sembra essere rimasto ancorato al passato. Infatti passa a essere esplicito: “Prima che Berlusconi si dimettesse avevamo due grandissimi problemi, ora è rimasto solo il debito pubblico. Sono state le più belle dimissioni degli ultimi 150 anni. Quando ora Monti dice "Ce la faremo" sappiamo che si riferisce alla situazione dell’ Italia, prima ci veniva qualche dubbio a cosa si riferisse”.Insomma Roberto non ce la fa proprio a cambiare argomento. Lo dimostra il fatto che intermezza l’assolo con un tic nervoso “Non c’ è più, non c’ è più non ci posso credere!”. Niente, sembra essere proprio affetto da Berlusconite acuta.
Una mattanza davvero insopportabile, quasi snervante, davvero fuori tempo massimo e costata cara a mamma Rai (400.000 mila euro). Ci verrebbe da dire: Roberto torna a farci ridere come ai bei tempi di Non ci resta che piangere e Il mostro. E invece lui no, non ne vuole sapere e lo dice a chiare lettere: “Silvio, lo sai che ti voglio bene, io ti sarò sempre fedele, come l’ Arma dei Carabinieri, io e i Carabinieri saremo sempre al tuo fianco”. E a noi Non ci resta che… rassegnarci.