Benvenuto alla Casa Bianca Mr Obama! Ma la luna di miele non durerà a lungo
17 Gennaio 2009
di Karl Rove
Martedì gli Stati Uniti potranno godersi la soddisfazione di assistere a un trasferimento di poteri tutto speciale come quello che farà di Barack Obama il primo afroamericano a diventare presidente.
Poco dopo la cerimonia, i collaboratori del nuovo presiedente scivoleranno via per esaminare gli uffici che occuperanno da quel momento in poi. Si tratta di persone che hanno messo in sospeso molti aspetti della propria vita per ottenere lavori che dureranno, per la maggior parte di loro, due o tre anni. Le ore saranno lunghe, la pressione incessante, le decisioni di grande importanza e le famiglie spesso trascurate. Ogni americano dovrebbe provare rispetto per i sacrifici che faranno.
Quello che questi collaboratori ben presto capiranno sarà di non essere la storia, ma che ci stanno passando attraverso. Si tratta di una cosa che ho imparato da un uomo molto anziano, il quale mi disse di “onorare la casa” mentre, in ritardo, svuotavo il mio cestino della carta il primo giorno di lavoro.
È questo quel che un’amministrazione deve al paese. Ma non è tutto ciò che gli deve. C’è anche la questione del governare. E la squadra di Barack Obama è in procinto d’imparare che è molto più facile fare campagna elettorale che governare.
Di fatto, lo stanno già imparando. Lo scorso febbraio, il Congresso ha approvato un progetto di legge per incentivare l’economia che ha aggiunto 152 miliardi di dollari al deficit. Obama l’ha chiamato deficit spending e ha criticato il “rifiuto” che si vede a Washington di “procedere a incrementi di spesa senza intaccare il bilancio federale”. Adesso, però, il suo mandato prevede trilioni di dollari di deficit. Da candidato, Obama aveva criticato “l’attuazione inavveduta e incompetente” del conflitto in Iraq. Ma, da presidente eletto, ha deciso di confermare il segretario alla Difesa di George W. Bush e di nominare un adviser del presidente uscente alla guida del Consiglio per la Sicurezza Nazionale.
Fatto ancora più significativo, la squadra di Obama sta inciampando sulla più grande delle sue priorità, il pacchetto di stimolo per l’economia. Un passo falso c’è stato quando Obama ha affermato di sperare nella firma di uno stimulus bill già il 20 di gennaio. Poi invece non è riuscito a presentare una proposta dettagliata per la metà di dicembre in modo che il congresso potesse meditarci su. Ciò ha spinto il capo della Commissione per gli Stanziamenti, David Obey, a lamentarsi del fatto di come fosse “difficile negoziare” e di come ci fosse bisogno di “alcuni segnali da parte di Obama”, dal momento che lui e la sua squadra “non hanno ancora deciso cos’è che vogliono”.
Ancora, un altro sgambetto Obama se l’è fatto anche quando ha mandato dei suoi advisers a Capitol Hill il 18 dicembre, per far sapere che la proposta di legge per lo stimolo all’economia che avrebbe voluto sarebbe costata tra 670 e i 770 miliardi di dollari, ma che ne avrebbe accettato anche una da 850. Questo ha fatto venire al Congresso la tentazione di portarlo a spendere di più. E adesso rischia di vedersi ridurre non soltanto la cifra ma anche i punti previsti nel pacchetto.
Obama può comunque recuperare. Tuttavia, dovrà evitare di perdere nuovamente la propria posizione, consentendo al Congresso di mettere in atto i propri desiderata invece di politiche in grado di dare una mano all’economia. L’impressione che si ha è che Obama stia scambiando quelle che potrebbero essere delle buone idee per stimolare l’economia. Assicurare che “entro cinque anni, tutte le cartelle cliniche degli americani saranno computerizzate” è una buona idea, ma l’amministrazione Bush aveva già definito quell’obiettivo e aveva sviluppato degli standard e una struttura che ne avrebbero consentito la realizzazione. Obama vorrà vederselo riconosciuto, ma resta il fatto che un traguardo del genere non potrà creare velocemente nuovi posti di lavoro.
Poi c’è il Medicaid, il piano del governo per l’assistenza sanitaria ai meno abbienti. Obama vuole stanziare circa 100 miliardi di dollari per aiutare gli Stati a estendere il programma. Una mossa che aggiungerà più di 100 miliardi di dollari a una linea di assistenza sociale che, tutti lo ammettono, è finita fuori controllo.
Molte delle proposte di Obama sono in realtà spese pubblicizzate come stimolo. Molti dei suoi “tagli alla pressione fiscale per la middle-class” vanno a beneficio di persone non sottoposte all’obbligo di pagare alcuna tassa federale sul reddito. Si tratta davvero di 500 dollari l’anno di credito fiscale per ogni lavoratore. Ma 20 dollari a settimana (40 per le coppie) in welfare sono davvero in grado di rappresentare uno stimolo per l’economia?
I focus groups e i sondaggi del principale consigliere di Obama, David Axelrod, possono far pensare che chiamare le nuove spese “investimento” invece di “infrastrutture” possa portare consenso. Ma, alla fine, spendere denaro per la solita vecchia spazzatura farà ben poco per l’economia.
Obama sta volando alto e, al tempo stesso, sta generando aspettative molto elevate. Un fatto che risulta evidente nel numero, sempre più in crescita, di posti di lavoro che promette di salvare o di creare. Il 22 novembre erano due milioni e mezzo. Il 20 dicembre erano tre milioni. Poi sono diventati 3.675 milioni. E infine, lo scorso fine settimana, 4.1 milioni. Obama può anche continuare a contare sul fatto che sarà impossibile verificare quanti posti di lavoro sarà davvero riuscito a “salvare”. Ma si tratta di un’affermazione comunque poco realistica.
Basterebbe pensare ai “lavori verdi” che promette. Ci sono 6.856 persone che lavorano per società che negli Stati Uniti producono cellule fotovoltaiche, e 2.150 che lavorano per il più grande produttore di attrezzature per l’energia eolica. Obama afferma che creerà 459 mila nuovi posti di lavoro legati all’energia verde. Può davvero riuscirci? Molte persone staranno molto attente a segnare il risultato.
Obama sostiene che 244 mila dei nuovi posti di lavoro da lui creati saranno nel governo. Ma cosa accadrà di questi nuovi dipendenti del governo? Spariranno quando l’economia si sarà risollevata? O Obama sta spingendo per la più grande espansione del governo dai tempi della Grande Società di Lyndon B. Johnson?
Nonostante tutta la soddisfazione che l’America potrà provare martedì, si tratta di questioni reali che non scompariranno. L’inauguration è un momento dal grande significato costituzionale e dall’importante simbolismo. La squadra di Obama dovrebbe goderselo. Ma, per quel che posso dirne io, non durerà a lungo. E dal giorno successivo le realtà del governare si faranno avanti con tutta la loro forza.
© The Wall Strett Journal
Traduzione Andrea Di Nino