Berlusconi accetti una sentenza ingiusta per vincere politicamente
10 Luglio 2013
Per commentare in modo equilibrato gli ultimi avvenimenti "politici" (le virgolette sono d’obbligo), cioè la decisione della Cassazione di accelerare sui tempi del processo a Berlusconi, è opportuno richiamare alcune vicende non direttamente connesse alla infinita telenovela giudiziaria dell’imprenditore milanese.
Qualche mese fa, nell’imminenza delle elezioni politiche di febbraio, su queste colonne, rilevavo l’indebito protagonismo della magistratura. In quella sede ricordavo il caso degli elicotteri Agusta e dell’Italsider di Taranto. In entrambe queste circostanze il combinato disposto di un eccesso di zelo, una smania di intervento e di un esasperato formalismo hanno prodotto danni notevoli alla nostra malmessa economia.
Altri esempi si potrebbero addurre, senza aprire il capitolo TAR (perché l’incidenza negativa sul sistema paese di tante sentenze amministrative richiederebbe un discorso a parte), basti ricordare che nell’ultima relazione tenuta come governatore della Banca d’Italia Mario Draghi sottolineava come la prima causa della scarsa crescita strutturale del Pil italiano fosse l’eccessiva durata delle cause civili.
In sostanza, i processi a Berlusconi sono solo l’iceberg vistoso, sgradevole, irritante, grottesco di un malessere più ampio. Se i magistrati politicizzati sono una minoranza, nel suo insieme l’ordine giudiziario è un potere sregolato che non trova sufficienti argini regolamentari, amministrativi, legislativi.
Posta che questa è la situazione occorre ora chiedersi che fare. Il governo in carica non ha nel suo programma interventi in campo giudiziario, ma le alternative possibili non appaiono a prima vista migliori. Anzitutto una crisi di governo non porterebbe subito alle elezioni, ma potrebbe aprire la strada a maggioranze alternative. Compresa quella di un governo targato Pd e transfughi dei Cinque stelle che sarebbe sicuramente molto sbilanciato in senso giustizialista. Peraltro, date gli assetti istituzionali attuali (bicameralismo simmetrico e legge elettorale attuale), le eventuali elezioni anticipate non risulterebbero risolutive e molto probabilmente esiterebbero in una situazione di impasse analoga a quella che abbiamo vissuto a febbraio.
La cosa più sensata e realistica è ancora quella di continuare a sostenere lealmente il governo attuale cercando di stimolarne al massimo l’azione tanto sul fronte della politica economica che su quello della riforma costituzionale. Risultati impotanti su questi versanti potranno creare in futuro le condizioni per arginare anche lo strapotere della magistratura.
A chi trovasse troppo minimale questa linea di condotta occorre ricordare che la situazione in cui ci troviamo è anche il frutto annoso di scelte sbagliate, che non si possono annullare in un batter d’occhio. Nei lunghi anni della quattordicesima e della sedicesima legislatura l’azione dei governi di centro destra è stata molto carente sul fronte giudiziario. Ai grandi proclami sulla separazione delle carriere non ha corrisposto nessuna seria iniziativa legislativa. Perciò adesso è inutile piangere sul non fatto, ma occorre attrezzarsi a fronteggiare al meglio le difficoltà contingenti.
Questo ci porta all’attualità e alla vicenda di Berlusconi. Come è stato osservato, l’anticipo di data deciso dalla Cassazione non è ancora un giudizio definitivo, per cui è necessario studiare attentamente la strategia processuale. Ma su questo non spendiamo neanche una parola perché non ci possiamo sostituire ai suoi legali. Un consiglio però ci sentiamo di darlo (per quanto non richiesto). Forse è bene che in questi giorni Berlusconi legga qualche biografia di Gandhi o di Martin Luther King. Accettare serenamente una condanna ingiusta può essere una scelta politica vincente.