Berlusconi, andrò in cella. Poi rettifica ma il countdown è partito

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Berlusconi, andrò in cella. Poi rettifica ma il countdown è partito

28 Luglio 2013

"Ho quasi 78 anni e avrei diritto ai domiciliari, ma se mi condannano, se si assumono questa responsabilità, andrò in carcere". Con una nota di Palazzo Grazioli Berlusconi rettifica quasi subito il "colloquio" con Libero e il senso delle sue dichiarazioni, spiegando che "Il direttore Belpietro ha liberamente interpretato il senso di un colloquio in cui sono state confermate l’assoluta infondatezza delle accuse rivolte al Presidente". Ma le frasi riportate da Belpietro fanno comunque il giro del web e dimostrano che il conto alla rovescia prima della sentenza della Cassazione sui diritti televisivi ormai è partito ("Non farò l’esule, come fu costretto a fare Bettino Craxi. Né accetterò di essere affidato ai servizi sociali, come un criminale che deve essere rieducato", avrebbe detto il Cav.). Berlusconi spiega che, se non ci saranno pressioni o pregiudizi, la Cassazione dovrà riconoscere la sua innocenza: "I miei avvocati hanno proposto 50 obiezioni alla decisione della Corte d’appello e la Cassazione già in altre occasioni ha riconosciuto che io non firmavo i bilanci, non partecipavo alle decisioni dell’azienda e non avevo alcun ruolo diretto nella gestione di Mediaset", dice, seguendo ancora la linea difensiva per cui lui, che all’epoca faceva il premier, non avrebbe potuto occuparsi dei diritti televisivi, "non avrei rischiato tutto questo per 3 milioni dopo averne corrisposti più di 500 in un solo esercizio. E poi, se fossi stato così fesso da evadere le imposte, a un certo punto avrei usato il condono tombale che il mio stesso governo aveva introdotto". Poi Berlusconi la mette sul personale, spiegando l’impatto della persecuzione giudiziaria sulla sua vita privata, che gli ha tolto il sonno, "I diritti Mediaset, Ruby, la telefonata Fassino-Consorte, gli alimenti alla mia ex moglie, le richieste dei pm di Napoli e Bari, la decisione della Consulta sul legittimo impedimento, il respingimento della richiesta di trasferire a Brescia il processo per le cene di Arcore, l’abnorme risarcimento a De Benedetti". Dal privato alla cosa pubblica e alle responsabilità di Governo: "Non farò cadere Letta, sarà il suo partito a farlo. Se venissi condannato, il Pd non accetterebbe di continuare a governare insieme con un partito il cui leader è agli arresti e interdetto dai pubblici uffici".