Berlusconi attesissimo a Napoli, sui rifiuti non può sbagliare
20 Maggio 2008
Berlusconi arriva a Napoli per il primo consiglio dei ministri atteso come il salvatore della patria, ultima speranza per ristabilire condizioni di legalità e di sicurezza ambientale in un territorio allo stremo delle forze e della sopportazione. Un ruolo che sottolinea la fiducia in lui riposta dalla gente, ma evidenzia anche il primo grande banco di prova su cui dovrà confrontarsi, mettendo in gioco una fetta significativa del credito elettorale accumulato.
Se sono chiari i responsabili del disastro campano, a Berlusconi e al suo governo non saranno concessi errori: tutti si aspettano la risoluzione immediata dell’emergenza, dando seguito alle promesse lanciate in campagna elettorale. La posta in palio è molto alta e va ben al di là del ripristino delle condizioni di vivibilità minime di un’area circoscritta. Il caso della Campania ha assunto, infatti, i contorni dell’emergenza nazionale e le ricadute sull’esecutivo avranno una valenza di tali proporzioni. È dunque lecito interrogarsi sullo scenario che si pone dinanzi a Berlusconi e sul contesto entro cui dovrà muoversi.
Il primo aspetto da affrontare è sicuramente quello della salute pubblica. Una priorità sollecitata anche dal commissario Ue all’ambiente Stavros Dimas, che ha ricordato il deferimento dell’Italia avvenuto lo scorso 6 maggio alla Corte di Giustizia europea, con le autorità italiane obbligate a intervenire immediatamente per evitare ulteriori rischi. Il monito della Commissione Ue costituisce un duro atto di accusa contro la classe dirigente che ha governato in ambito locale Napoli e la Campania: “Il problema di Napoli è strutturale, ci vogliono misure di medio e lungo periodo in grado di incidere sulla gestione e lo smaltimento dei rifiuti. La raccolta estemporanea non basta, perché risolve il problema per pochi giorni, ma poi inevitabilmente si torna ad assistere al reiterarsi di fatti inaccettabili, con rischi per l’ambiente e la salute spropositati”. Parole che confermano quanto espresso da noi in occasione della presentazione del piano De Gennaro avvenuta tre mesi fa, volto a risolvere nella migliore delle ipotesi lo stato emergenziale, rimandando sue ulteriori manifestazioni di qualche mese. Agire in questo modo non sarà più possibile.
Ma al di là della citata esasperazione della gente, l’aspetto più delicato è la presenza di istituzioni agonizzanti e paralizzate. Regione Campania e Comune di Napoli sono state oggetto negli ultimi mesi di una serie di rimpasti realizzati per fronteggiare la crisi politica che ha colpito la maggioranza di centrosinistra. È bene sottolineare che si è trattato di una crisi politica fomentata da ragioni del tutto slegate dal grado di inefficienza e incapacità amministrativa palesata in questi anni. Dopo aver operato con il reciproco sostegno, legato soprattutto alla comune matrice politica, si è giunti a una fase di elevata conflittualità interna, con accuse e critiche mosse dagli amministratori delle rispettive giunte. Il violento scontro che ha coinvolto il neoassessore al turismo della Campania, Claudio Velardi, e il sindaco di Napoli, Rosa Russo Iervolino, è del resto emblematico dello stato di profondo scollamento vissuto in questi mesi. Dissolta la cortina fumosa che ha avvolto la Campania nell’ultimo decennio, sono emerse le tante falle occultate dalla propaganda e dall’indifferenza dei cittadini, colpevoli quanto i propri amministratori. Per questi ultimi l’obiettivo principale è divenuto la salvezza individuale, lasciando cadere ogni remora nel sottolineare le responsabilità dei propri colleghi di coalizione. Velardi ha segnato il de profundis del governo della Iervolino e delle sue posizioni schizofreniche, pronta a garantire dinanzi ai cittadini di Chiaiano circa la salvaguardia del territorio in merito all’apertura di una discarica nella cava che avrebbe alleviato l’emergenza napoletana per almeno due anni, salvo poi rimangiarsi tutto due giorni dopo. Comportamenti irresponsabili che si sommano alla più assoluta inerzia dimostrata anche nella fase più critica.
Il piano per la raccolta differenziata, presentato in extremis per evitare il commissariamento, è rimasto lettera morta. Nulla è cambiato in tal senso rispetto a tre mesi fa, mentre dall’Asia, la società per la raccolta dei rifiuti, fanno sapere che prima di avviare ogni sistema di raccolta occorrono almeno sei mesi per realizzare corsi di formazione. Corsi di formazione: parole magiche in questa regione. Si fanno per qualsiasi cosa, peccato che non servano certo a formare alcunché. Un modo per prendere tempo, parcheggiare lavoratori precari trasformandosi in una sorta di ammortizzatori sociali e nulla più. Eppure gli ambientalisti, che sono a capo della provincia, degnamente rappresentati sia nella regione che nel comune di Napoli, sono ancora protesi nella diffusione di una cultura ambientale sostenibile, auspicando l’avvio della raccolta differenziata. Avviare, certo, perché le campane che nel corso degli anni sono state disseminate lungo una parte della città, quindi tolte e nuovamente ricollocate, rappresentano uno dei tanti scempi amministrativi delle giunte che hanno goduto dell’appoggio degli stessi ambientalisti. E se non si ritiene di avere sufficienti ragioni per essere esposti al pubblico ludibrio, ecco giungere la domenica ecologica del 18 maggio con la città sommersa dai rifiuti e incendi appiccati dal centro alla periferia. Elementi che non fanno altro che accrescere il malcontento, trasferendo nei cittadini la sensazione di essere continuamente destinatari di un crudele sbeffeggiamento.
È questa la realtà con la quale Silvio Berlusconi dovrà misurarsi, chiamato a un comportamento pragmatico e duro. Una città sull’orlo del disastro ambientale, a rischio epidemie, ostaggio di tumulti generati in modo confuso e improvvisato, a conferma della perdita significativa del controllo territoriale, necessita di decisioni forti, anche impopolari. Che siano le forze dell’ordine, l’esercito o i caschi blu dell’Onu a garantire la sicurezza e l’attuazione dei piani di intervento, ma la Campania non può più aspettare.