Berlusconi chiama Galli e gli chiede di conquistare Firenze
13 Marzo 2009
Gli ha chiesto di vincere la partita. Forse quella più importante. Come col Milan nel 1986 (tre anni d’oro per i rossoneri), come con la Nazionale ai campionati del mondo di Messico ’86. Ma stavolta il pallone c’entra solo di sguincio, diventa metafora e i ruoli in campo cambiano connotati. Stavolta la sua squadra è il Pdl e lui è il centravanti, la punta d’attacco, quello che dovrà correre davanti alla porta (ironia della sorte: nel calcio reale c’era lui tra i pali a difenderne l’inviolabilità) e segnare il gol decisivo della vittoria.
Giovanni Galli è il candidato sindaco per Firenze. Silvio Berlusconi lo ha chiamato ieri sera affidandogli il compito forse più delicato, per uno come lui che nella sua lunga carriera calcistica ne ha viste di tutti i colori. L’obiettivo è espugnare la roccaforte rossa della Toscana, ultimo baluardo di una sinistra in cerca d’identità e di quel consenso sacrificato sull’altare di lotte fratricide e personalismi che fin qui hanno dilaniato il Pd e la maggioranza che governa Palazzo Vecchio.
La telefonata del premier al “suo” ex portiere è arrivata proprio mentre sul ring di “Annozero” Matteo Renzi candidato sindaco del centrosinistra, teneva una lezione sul rinnovamento della classe dirigente Pd (tutti tranne lui che nonostante i suoi 34 anni la politica la mastica da 14), dispensando consigli e critiche al “vecchio” Bassolino.
Peccato però che il suo esacerbato “nuovismo” abbia incassato, proprio in diretta televisiva, il “niet” degli elettori di sinistra delle Piagge, quartiere popolare di Firenze da sempre rossissimo. L’accusa è precisa: se Renzi non rispetta il programma della coalizione e continua a portare avanti una linea “di destra”, noi non lo votiamo.
Berlusconi e Galli si vedranno lunedì. L’ex portiere avrebbe ribadito la disponibilità alla corsa per Palazzo Vecchio ma facendo intendere che lui corre per vincere, non per partecipare.
E il Cav gli avrebbe assicurato che il suo sostegno in campagna elettorale non mancherà (il che significa che in riva d’Arno si vedrà più di una volta).
Così, dopo una settimana convulsa di contatti e riunioni romane, col nome di Galli in equilibrio sull’altalena di quotazioni ora in ascesa, ora in discesa (per 48 ore aveva preso quota l’ipotesi del deputato Gabriele Toccafondi, gradito al fiorentino doc Bonaiuti, e c’era perfino chi aveva letto in questo strategie nazionali in vista del congresso del Pdl), la scelta è definita.
Sul nome di Galli c’è stata fin dall’inizio la convergenza del partito fiorentino (parlamentari, consiglieri regionali e comunali) e dei vertici nazionali: dal coordinatore di Fi Denis Verdini convinto della necessità di un candidato “civico” per pescare voti anche nell’elettorato di sinistra deluso dalla maggioranza, al ministro toscano Altero Matteoli, al reggente di An Ignazio La Russa. Mancava solo la telefonata del Cavaliere, non un dettaglio considerato che alla fine è lui a dire l’ultima parola. Ora, i giochi sono fatti.
Galli può contare non solo sul sostegno del Pdl ma anche di ampi settori della società, comprese alcune tra le categorie economiche che in città contano e individuano nel “portierone” il profilo giusto per garantire la svolta, dopo decenni di giunte monocolore. Piglio deciso, approccio pragmatico, Galli ha scelto una sfida certamente impegnativa ma che in riva d’Arno oggi non è più impossibile.
Non ha un background politico Galli, ma Firenze la conosce bene. Con la maglia viola ha giocato oltre duecentocinquanta partite (dal 1977 al 1986).
E pure dopo l’addio al calcio giocato e l’approdo alle reti Mediaset per le quali è commentatore sportivo, per Firenze lui ha continuato a lavorare. Ad esempio con la Fondazione che porta il nome del figlio Niccolò, giovane promessa del calcio nostrano, morto a diciassette anni in un incidente stradale. Da allora Galli e la moglie si sono spesi senza riserve nelle attività della Fondazione sostenendo progetti a favore dei ragazzi sia sul sociale che in ambito sportivo. A Firenze la cosa è apprezzata e riconosciuta.
Nella sfida per Palazzo Vecchio ha sicuramente dalla sua la popolarità e la capacità di saper stare davanti a una telecamera. A questo si aggiunge il fatto che Galli vuole “prepararsi al meglio per il compito al quale sono stato chiamato” e già da settimane sta verificando insieme ad uno staff di esperti progetti, idee, proposte per “far rinascere la mia città”.
Partita aperta contro il “ragazzo” Renzi (rutelliano doc) che fa politica da quando indossava la divisa dei boy scout e che il giorno dell’investitura di Franceschini alla guida del Pd se ne è uscì definendolo il “vicedisastro”, con riferimento diretto al “disastro” Veltroni.
Renzi si presenta come “il nuovo che avanza”, eppure da presidente della Provincia in questi anni ha avallato tutte le scelte di Palazzo Vecchio per il futuro della città.
Per vincere le tribolatissime primarie che per mesi hanno tenuto impantanato il Pd – fiorentino e nazionale – nella palude di giochi di potere tra correnti e capi-corrente , il rampante Renzi ha dovuto puntare sulla discontinuità dalla giunta Domenici sbandierando un programma-fotocopia di quello del centrodestra. Un esempio per tutti: il passaggio della tramvia davanti al Battistero e al Duomo, fiore all’occhiello del sindaco uscente, questione che ha spaccato a metà i fiorentini con tanto di referendum. Renzi dice che quel passaggio accanto ai monumenti simbolo di Firenze va rivisto, ricalcando in pieno la battaglia portata avanti per mesi dal centrodestra non solo locale (della vicenda si sono occupati Bonaiuti, Bondi, Matteoli, tanto per citare alcuni big di rango nazionale).
Non solo: l’iperattivismo di Renzi e soprattutto la sua “allergia” ai diktat di partito e di coalizione, non è gradito alla nomenklatura del Pd e il suo approccio da “uomo solo al comando” non raccoglie certo gli entusiasmi degli alleati che in questa fase tentano – a fatica – di “blindare” il programma elettorale. Inceneritore, aeroporto, urbanistica sono le spine nel fianco del centrosinistra gigliato. Ultima polemica in ordine temporale che ha fatto infuriare la sinistra e l’elettorato è stata la sua uscita sulla necessità di cambiare la Costituzione (“andrebbe attualizzata”) e sul ruolo del sindacato (“riformare l’idea di sindacato e ribaltare il sistema del welfare”).
Non a caso Renzi ha avviato un corteggiamento neanche troppo velato nei confronti dell’Udc. Da Roma Casini apprezza e rilancia l’apertura alla possibilità di un’intesa ma il partito si spacca, col capogruppo a Palazzo Vecchio Mario Razzanelli (unico eletto tra gli ex scudo-crociati) che fonda il gruppo “Firenze c’è”, dal nome della lista civica con la quale si presenterà al voto di giugno come candidato sindaco.
Adesso, con l’imprimatur del Cavaliere su Galli si apre ufficialmente la sfida del Pdl per Palazzo Vecchio. E il “portierone” ha già indossato la maglia numero nove, quella della punta.